In Italia esiste/va un folto gruppo di gruppi basso&batteria, ispirati dal sacro fuoco che vedeva ogni tanto calare in Italia band minimaliste e iper casiniste. Band suonavano con tecnica sbalorditiva ma usata per fare piu' rumore possibile anziche' per mostrare esercizi di tecnica. Potevano essere i Lighnting Bolt o i veterani Sabot o Hella, Locust, Arab On Radar, pian pianino in ogni regione di Italia nascevano spontaneamente gruppi con ingredienti e ispirazioni piu' o meno diverse ma accumunata da quella attitudine noise/hardcore facile da portare in giro e a proporre anche su un palco piccolo.
O senza palco.
Dopo tanti anni e' giunto il momento per i migliori di raccogliere qualcosa di piu': gli Zeus (formati da Luca Cavina al basso e Paolo Mongardi alla batteria) si presentano con il secondo album prodotto da quattro etichette tra cui svetta la mitica Three One G di Justin Pearson dei Locust, gran maestri del genere di cui sopra.
Masterizzato dal guru James Plotkin e registrato alle Officine Meccaniche, il disco e' una monumentale, appunto, opera di cut&paste devota alla violenza sonora in tutte le sue forme "metal". Dai Meshuggah al black metal dai Melvins ai nostri Zu (citati anche nel titolo "Giorgio Gaslini is our Tom Araya"). Ma cio' che rende gli Zeus straordinari e' il grande gusto di incollare queste idee deformate e rimangiate per creare dei brani persino orecchiabili. Riff ipercinetici, sbilenchi, contorti ma perennemente martellanti.
Un disco che si rivela molto di piu' di un gadget post concerto. Molto di piu'.
[Dale P.]
Canzoni significative: Lucy In The Sky With King Diamond, La Morte Young, Bach To the Future.
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