Dopo la prima uscita che ha visto la luce la scorsa primavera ecco puntuale arrivare la seconda parte di "Oro" dei piemontesi Ufomammut, diventati ormai da tempo un'icona del doom europeo e recentemente passati sotto l'egida della Neurot di Steve Von Till.
Se "Opus Primum" ci aveva colpito per la complessita' dei brani, "Opus Alter" dimostra invece di badare al risultato finale. E' l'involucro nel suo complesso che viene ricercato evitando cosi' ad una canzone di prendere il sopravvento sull'altra. Unica eccezione per il brano d'apertura "Oroborus", un incubo post "sleepiano", candidato seriamente a pezzo stoner dell'anno.
Sia chiaro, le sottigliezze vanno individuate strada facendo e dopo accurati ascolti, perche' poi in definitiva i due lavori sono comunque collegati da un cordone ombelicale che li tiene in contatto fra loro.
Cinque brani che, mediante traiettorie astrali, raggiungono orbite celesti dove psichedelic sludge, post metal, post rock e doom si intersecano creando un tappeto sonoro compatto, greve e granitico seguendo un copione ben definito. Probabilmente in questa occasione non si sono neppure sforzati troppo nel creare qualcosa di particolarmente rilevante, ma quello che riescono a fare e' superlativo.
Quindi poco altro da aggiungere se non che il disco e' piuttosto breve (tenuto conto del loro consueto minutaggio), diretto, essenziale. Se avete gradito il precedente non vi resta che fare l'accoppiata.
[Cristiano Roversi]
Canzoni significative: tutte.
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