Inevitabilmente, il mondo metal attuale è molto diverso rispetto a quello primordiale. Nei primi anni 80 a causa delle tematiche oscure e sataniste le band venivano messe al bando, mentre quelle che parlavano di apocalisse nucleare e politica corrotta non venivano prese sul serio. Il metallaro era ai margini, visto come uno strampalato disadattato funereo.
Al giorno d'oggi, invece, è un prodotto da spolpare: vestiti, festival e birre sono venduti a caro prezzo, i dischi vengono suonati da cosplayer e il messaggio iniziale ormai è una burla.
Questo discorso non vale per Joel Grind, da Portland, che dal 1999 porta avanti da solo la sigla Toxic Holocaust, autoproducendosi e suonando ogni strumento. Joel vive il thrash metal sulla sua pelle, come fosse il 1986. Per il suo sesto disco "Primal Future: 2019" passa da Relapse a eOne (che pur essendo una label pop ha anche materiale più pesante come High On Fire, Creeping Death, Black Label Society, Lord Dying) mantenendo l'attitudine senza compromessi figlia di Venom, primissimi Metallica, Slayer, Exodus ma con uno stile rimembrante i Discharge che punk, anarco punk, crust punk, hardcore punk non potranno fare a meno di adorare.
"Primal Future: 2019" è un ottimo disco, corposo e grintoso. Non è ironico e spensierato come i colleghi neo-thrash Municipal Waste e Iron Reagan e per questo suona molto più vero e urgente: più che un disco da headbanging e mosh è da pugni nel muro.
[Dale P.]
Canzoni significative: Time's Edge, Chemical Warlords.
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