Mai come in questo caso leggere le recensioni prima di comprare il disco può aiutarvi ad evitare una grossa fregatura. Perchè il nuovo Tomahawk, progetto di Duane Denison (Jesus Lizard), John Stainer (Helmet, Battles) e Mike Patton oggi orfani di Rutmanis, potrebbe suonare come una bidonata per la maggior parte di coloro che vedono la band come la cosa più vicina ai Faith No More e all'alternative anni 90 fra tutti i progetti deliranti che vede coinvolto il multiedrico proprietario dell'Ipecac.
Anonymous prende la musica dei nativi americani e la sottopone al trattamento sperimentale di Denison, che rinuncia dopo due decenni al classico marchio di fabbrica della sua chitarra martoriata con riff spigolosi ma sbilenchi in favore di una musica suonata in punta di dita e contornata dei soliti effettacci pattoniani.
Fosse stato un progetto estemporaneo sarebbe stato ascoltato dai pochi curiosi che non si perdono neanche un'uscita di Mr Patton (es: Moonchild, Eyvind Kang e collaborazioni assortite), sotto il marchio pseudo mainstream dei Tomahawk suona solamente come una bufala (che ci sta dato il tema trattato!).
La realtà è ovviamente nel mezzo: Anonymous, ascoltato con attenzione, non è assolutamente un disco buttato fuori alla bene e meglio, anzi, e presenta delle canzoni neanche tanto male per essere un album tra il folk e i canti pellerossa e ha l'unico difetto di abiurare il rock (se non in qualche caso sporadico) e le sonorità a noi tanto care.
La delusione viene da Denison a cui vorremmo sempre sentire le stesse pennate ormai storiche, qui totalmente assenti. Ma vogliamo fargliene una colpa o apprezziamo il suo tentativo di provare qualcos'altro?
Ora che sapete cosa aspettarvi decidete da che parte stare. Rutmanis, per dire, ha preferito non metterci bocca e non mi stupirebbe che molti di voi facessero lo stesso...
[Dale P.]
Canzoni significative: Cradle Song, Totem.
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