Ero abbastanza incuriosito verso "Come What(ever) May", seconda prova degli Stone Sour. La band di Corey Taylor costruì, ormai quattro anni fa, un bell'esordio formato da brani sulla scia del post-grunge tanto in voga negli Stati Uniti. Questo disco invece è minestrone di tutte le cose più commerciali sia stato partorito dal rock americano.
Si parte con un pezzo quasi metalcore in cui riff banali e melodia spompa non consentono all'ascoltatore di proseguire. Skippando ci si imbatte nella title-track in cui sembra di ascoltare uno scarto dei Powerman5000. In "Hell & Consequences" la band suonano come degli Slipknot quindicenni.
In "Sillyword" abbiamo a che fare con una qualsiasi band post-grunge di periferia e si va avanti in una carneficina inascoltabile in cui la band fa di tutto per suonare scontata, banale e stanca mentre Corey Taylor canta frasi buttate a caso senza un minimo di appeal.
Non c'è niente che si salva in questa fiera della banalità, addirittura il finale dell'album riporta ad una qualsiasi ballata di Bryan Adams.
Dispiace pensare che label e fan diano credito a certi progetti che sarebbero da rilegare nel circuito dei demo e delle autoproduzioni (e risulterebbero comunque offensivi). Se John Garcia sta impiegando anni per pubblicare un disco con gli Unida, sarebbe giusto che Corey Taylor e i suoi Stone Sour avessero il doppio delle difficoltà... e invece...
[Dale P.]
Canzoni significative: Come What(ever) May.
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