In tempi di strenne natalizie gli Staind ne approfittano per festeggiare anche il decennale della propria carriera.
Nel 1996 diedero alle stampe l'esordio autoprodotto "Tormented", il quale finì nelle mani di Fred Durst, leader dei Limp Bizkit e talent scout della Interscope tramite la sussidiaria Flip. Inorridito dalla copertina "grind" e blasfema scoprì però una band sensazionale nell'unire le chitarre ribassate del nu-metal con la depressione tipica del grunge.
Il cantante Aaron Lewis svettava per il suo timbro dolente ed enfatico, pur non essendo il solito clone di Vedder o di Staley.
Questo Greatest Hits riparte proprio dal primo disco, piazzando in apertura "Come Again", diamante ancora grezzo proveniente da quell'esordio di 10 anni fa.
I tempi cambiano e mentre tutti sembrano abiurare il numetal noi lo ricordiamo ancora con piacere perchè prese una generazione grunge ormai allo sbando e la traghettò verso suoni più potenti e moderni. Che poi, in breve tempo, abbia plasmato mostri orribili, è un problema comune di tutti i generi.
Il secondo disco "Dysfunction" fu accolto dalla generazione "Korn" come un vero e proprio disco simbolo di come il grunge potesse flirtare con il nu risultando credibile e inellando una sull'altra una serie di brani ormai immortali. Dispiace che da questo disco vengano pescate solo "Mudshovel" e "Home", pur avendo venduto più di due milioni di copie.
La band si muoveva ancora in ambiti di secondo piano andando in tournèe con tutte le band del genere ma come semplice spalla e venendo pubblicizzata come "next big thing".
Dello stesso periodo dispiace che non sia stata ripescata neanche "Bring The Noise" suonata con Fred Durst, il quale, però, è presente in "Outside", toccante performance tratta dal Family Values e che verrà inserita in "Break The Cycle".
La "next big thing" non fu più "next" quando, dal terzo disco "Break The Cycle" fu estratto il singolo "It's Been Awhile". In breve, quella semplice melodia depressa suonata su pochi accordi di chitarra acustica, entrò nelle playlist di mezzo mondo radiofonico e televisivo, generando hype e soldoni e facendo vendere all'album, solo negli Stati Uniti, più di 7 milioni di copie.
La band divenne la risposta al bisogno di nuovi Alice In Chains, che grazie ai dischi acustici (Sap ma soprattutto Jar Of Flies) vendettero milioni di copie. Dal disco furono quindi estrapolate le ballad più strappalacrime: "Epiphany" rappresenta in pieno lo spirito del disco.
Aaron Lewis non cambia le carte in tavola per 14 Shades Of Grey, che risulta quindi meno ispirato e più legato ai stilemi già trattati di dolenza e depressione. Una band, per chi scrive, non si può basare solo sulla splendida voce del leader.
Siamo quindi in tempi recenti e per fortuna con "Chapter V" si torna ai fasti di Dysfunction con brani più grintosi e riusciti. Dal disco vengono riprese "Right Here", "Falling" e la versione acustica di "Everything Changes".
Arrivati fino alla corsa troviamo ancora 3 brani in cui la band ci propone tre cover acustiche: "Nutshell" degli Alice In Chains, "Sober" dei Tool e "Confortably Numb" dei Pink Floyd. Da prendere come chicche e nulla più.
In definitiva per chi vuole avventurarsi nella conoscenza della band qua troverà il meglio. Ma se dovessi consigliarvi anche solo un lavoro non dovrete fare altro che rivolgervi a "Dysfunction" per poi passare al successivo "14 Shades Of Grey".
[Dale P.]
Canzoni significative: Mudshovel, Outside, Epiphany.
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