Dopo la cocente delusione di "14 Shades Of Grey" non credevo che sarei mai riuscito a ritrovare gli Staind. Ecco perchè recensisco questo disco dopo un bel po' di mesi dalla sua uscita.
L'impatto iniziale mi portò a pensare che nulla era cambiato, il disco non era degno di rivaleggiare con i primi tre album. Pian pianino mi trovai ad inserire il CD nel lettore sempre più spesso, anche dopo tutti questi mesi.
Prendete il mio parere con le pinze. Io sono un "grungettaro" di vecchia data, un nostalgico (sigh, fa strano scriverlo, sembra ieri...) che ha perso ogni contatto con la realtà. Eppure questo disco riesce ad emozionarmi ed è un fatto ormai raro. Diamo pure tutto il merito ad Aaron Lewis, il bravissimo e tristissimo cantante capace di scrivere splendide linee melodiche anche sopra ad un tappeto musicale tutt'altro che indimenticabile.
A livello musicale ritroviamo gli Staind "cattivi" dei primi due album, quelli che andavano di pari passo con Limp Bizkit e Korn. Allo stesso modo la band non abbandona le ballatone tagliavene che ne decretarono il successo fra gli adolescenti (ricorderete tutti i passaggi quotidiani su Mtv di "It's Been Awhile").
Difficile stabilire se questo album potrà piacere anche a voi. Provatelo e se pian pianino entrerà dentro di voi vuol dire che non sono rimasto solo...
[Dale P.]
Canzoni significative: Run Away, Schizophrenic Conversations.
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