Istintivamente mi viene da associare quest'uscita a quella recente dei Pearl Jam: nonostante la musica delle due formazioni sia diversa e imparagonabile, entrambe portano avanti una carriera che dura da decenni, ed entrambi hanno avuto il loro momento di gloria negli anni '90. L'approccio nei confronti dell'ennesima fatica è quantomai diverso. Se i Pearl Jam zoppicano, il nuovo album dei Sonic Youth mi fa capire come suona una band onesta dopo più di vent'anni sulla scena. Eravamo rimasti a Sonic Nurse. Quel disco offriva ottimi spunti melodici, una padronanza ormai totale della propria cifra stilistica, più o meno come tutti i lavori del nuovo decennio, lavori da scoprire pian piano, meno spontanei, più 'difficili'... in altre parole: il processo di 'addomesticamento' del rumore era compiuto. La critica musicale si divise tra chi si 'accontentava' di sentire l'ennesimo disco trito e ritrito, ma a suo modo unico, stimolante, rassicurante, e chi invece alzava la voce auspicando un ritorno ai grandi capolavori dei primi '90 (o un ulteriore passo avanti? Dove?). Nel 2006 i Sonic youth tornano a suonare in quattro, con Jim O'Rourke a casa (per motivi di studio), e questo Rather ripped sembra quasi un piacevole sfogo, un ritorno ai bei tempi, all'intimità dei quattro amici. Un disco semplificato, diretto, ordinato. Il gruppo, si sa, ultimamente ama certe melodie in particolare, più amare e pacate rispetto agli esordi; esse sono lo specchio di una maturazione a livello personale. Queste melodie stavolta convivono con qualche citazione del passato, in una specie di compendio, un manifesto al rovescio, un punto della situazione, che si snoda come non mai in strutture rigide e nettamente divise. Un esempio di questo atteggiamento è la terza traccia, 'Do you believe in rapture', rigorosamente schematizzata in: strofa quasi cantautoriale, pausa di riflessione, arpeggio ritmato e liberatorio. La ricerca della sintesi porta anche a questo. Ma ci sono almeno altre quattro canzoni memorabili: nei primi minuti troviamo 'Incinerate', che porta con sè una melodia strepitosa e ballabile (sembra una 'Sugar kane' asciutta e minimale). 'What a waste' ha un drumming veloce, nervoso, e scorrono riff emozionanti ancora una volta. C'è 'Turquise boy', un vero campionario della Gioventù sonica, con atmosfere tra 'Theresa's sound world' e i Velvet underground del primo. E la semistrumentale 'Pink steam', splendido flusso crescente, a suo modo un classico nella sua semplicità: praticamente spazza via in un colpo solo gran parte della discografia postrock in circolazione.
Sarebbe pretenzioso chiedere di più ad una band che ha dato così tanto per così tanto tempo. La maggior parte dei progetti inaridiscono dopo due dischi (e ne uscissero di dischi così). Non sarà 'Dirty', non sarà 'Evol'.... ma il cuore mi dice che è un gran bel disco.
[Morgan]
Canzoni significative: Pink steam, What a waste, Incinerate.
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