Se esiste un disco leggendario lo è sicuramente il terzo lavoro degli Sleep. Un unico brano, Jerusalem, e 45 minuti di delirio doom psichedelico.
Non si capisce come abbiano fatto ad attirare le attenzioni di una major (la London) dato il suono cavernoso e sepolcrale devoto a Black Sabbath e Saint Vitus. Certo è che la band firmerà il contratto da qualche migliaio di dollari e si rinchiuderà in studio per l'importante debutto con tonnellate di fumo.
Dalle parole di Matt Pike (ora nei High On Fire) la band spese tutti i soldi in marijuana e si chiuse in studio con il leggendario Billy Anderson per celebrare il rito psichedelico.
Ne venne fuori un brano denso e invendibile. Immaginatevi i Melvins e gli Earth in perenne stato alterato insistenti su un concetto e su di un riff. La London, ovviamente, stracciò il contratto con Pike e co ma si tenne il loro disco (evidentemente anche loro le canne se le fanno). La band frustrata dalla situazione (e loro pure ci provarono: remixarono addirittura il disco) dopo poco tempo si sciolse, non prima di aver sbloccato Jerusalem e averlo dato alla Music Cartel.
Qualche anno dopo uscì la versione con il mix originale e ancora più dilatata chiamata Dopesmoker pubblicata dalla TeePee.
La bellezza del disco è tutta nella spontaneità e nella naivitè di una band che credeva che il music business non fosse così terribile come lo si dipingeva. Sperare di pubblicare un opera, sì monumentale ma allo stesso tempo osticissima, è da pazzi fumati e a noi non possono che starci simpatici.
Un testo breve, la voce sepolcrale alla King Buzzo, la batteria che con pochi colpi devasta ogni cosa e una chitarra in perenne stato di agitazione rendono Jerusalem un'opera unica degna di essere posseduta da ogni stoners che rispetti.
Da non trascurare le carriere successive di High On Fire (Pike), Sabians (Marler) e Om (Cisneros, Hakius).
[Dale P.]
Canzoni significative: Jerusalem.
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