Sono tornati i frullatori impazziti. I Sikth sono fra i fenomeni più particolari di tutta la discografia mondiale. Non possono essere inseriti nel filone postcore, nè in quello numetal, nè tra le fila del metal classico. Eppure appartengono a tutti questi mondi contemporaneamente.
Ricordano la schizofrenia dei Dillinger Escape Plan, le geometrie dei Meshuggah e la follia dei Faith No More. Ma, allo stesso tempo, hanno una personalità fortissima e sarebbe difficile scambiarli per qualcun'altro. Purtroppo questo "Death Of A Dead Day" risente dei difetti di qualunque secondo album: quello di non scostarsi troppo dalla formula iniziale pur avendo qualche idea di meno. Quindi, per quanto imprevedibili, il disco suona quasi già sentito...
Un difetto che per chi adora oltre modo la band diventa un pregio ma è anche vero che all'interno dell'album non succede niente che non si sia già sviluppato nell'esordio. Perdendo il fattore sorpresa si sente più spesso la band girare a vuoto mentre, al contrario, avrebbe dovuto premere più spesso il pedale del parossismo. Paradossalmente la più grande sorpresa è il ballatone "In This Light".
"Come suona il nuovo album?"
"Sono sempre i Sikth".
E' sempre la solita storia di chi vede il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno.
[Dale P.]
Canzoni significative: Bland Street Bloom, Flogging The Horses.
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