Sono certo che gli Shearwater diano la merda a parecchi esponenti della marmaglia indie-gesta e inutile in giro per il mondo. e' un progetto che ha ragion d'essere perché genera canzoni avvincenti, perche' c'e' di mezzo un cantante che non sembra una quaglia urlatrice incapace di intonare due note di fila, perche' c'e' un lavoro di ricerca palese che non brucia l'entusiasmo dopo due-tre ascolti. E perche' di band tutte uguali che si scimmiottano a vicenda secondo le piu' becere leggi del riciclo di mercato ne ho piene le palle. Sparatevi, per cortesia.
Ma torniamo agli Shearwater che, giunti al settimo album in studio, continuano a godere dell'indifferenza di gran parte del pubblico, ma a sfornare musica d'autore intensa, sempre ben calibrata e non solo nei dettagli sonori. I testi trattano ancora del rapporto uomo-natura e i rimandi alla grande passione del leader Jonathan Meiburg, l'ornitologia, non mancano.
"Animal Joy" e' l'espansione sonora che non mi aspettavo. Il folk degli esordi si e' imbastardito assorbendo impeti new-wave e un certo spirito post-punk mette fuori la testa in "Immaculate". Tutto e' pero' amalgamato con lo spirito del gruppo, non c'e' alcuna ruffianeria separata dal corpo.
La band rispetta il proprio canone sia quando preme l'acceleratore nei frangenti piu' catchy ("You As You Were"), sia nelle ballate in penombra ("Run The Banner Down"). Ma gli episodi piu' interessanti sono "Breaking The Yearlings" col suo incedere quasi meccanico, la cristallina "Insolence" e "Believing Makes It Easy", infiorata da melodie rampicanti di pregevole foggia.
[Marco Giarratana]
Canzoni significative: Insolence, Breaking The Yearlings, Immaculate, Run The Banner Down.
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