Avendo pubblicato con la mia band due album in download (gratuito) non posso che sostenere ideologicamente la politica intrapresa da Thom Yorke e soci con "In Rainbows" e proseguita con questo "The King Of Limbs". Ammiro la capacita' dei Radiohead di calamitare l'attenzione del web intero con annunci a sorpresa solo una manciata di giorni prima dell'uscita ufficiale, il cui leak e' arrivato comunque 24 ore prima del fatidico sabato 19 febbraio 2011. D'altronde e' il loro meritato status di assolute star che gli permette di pianificare la strategia piu' adatta.
A differenza di "In Rainbows", venduto ad offerta libera, "The King Of Limbs" ha prezzi fissi in relazione al formato e alla collocazione geografica di chi acquista: invero, avrei preferito che avessero continuato coerentemente sulla precedente scia.
I nuovi Radiohead suturano una volta per tutte la rivoluzione formale di "Kid A" e "Amnesiac" con le ricalibrature pop dei successivi "Hail To The Thief" e "In Rainbows", dando vita ad un lavoro di ardua decodificazione che rischia di farsi il piu' criptico e complicato della seconda fase della loro carriera (sempre dopo l'inatteso "Kid A").
Quello di "The King Of Limbs" e' un sound-Radiohead genuino, anche la' dove il Thom Yorke solista contamina e non poco le atmosfere, sintomo che la sua ombra si e' allargata ancor piu' che in passato. Queste nuove otto canzoni sono piccoli flussi in cui versi e refrain si (con)fondono in unita' inscindibili, con le chitarre che, se non del tutto scomparse, sono però inopinatamente sprofondate in fondo all'apparato compositivo dei nostri. La frase melodica e' quindi destrutturata in favore di architetture elettroniche minimali, senza per questo perdere in eleganza o accessibilità . Cio' che e' inaccessibile, almeno ai primi ascolti, e' il mood dell'intero album, claustrofobico nella prima parte, piu' rarefatto e a tratti sognante nella seconda, in un decorso narrativo che non conosce soluzione di continuita'.
Se "Bloom" e' una cattedrale glitch in un crepuscolo subacqueo dove i piani si disincastrano e galleggiano uno sull'altro, la pastorale "Give Up The Ghost" sgrana la luce di un sole rossastro che campeggia su quel coro in controcanto che pennella la malinconia di un solenne addio: sono questi i due momenti di maggior poesia. "Codex" riallaccia i Radiohead alla loro classica ballad sorretta da un pianoforte speranzoso che s'arresta su un cluster d'archi che rimane sospeso a mezz'aria con un battito d'ali tanto rapido da essere quasi invisibile; la spina dorsale di "Feral" e' una drum machine convulsa su cui si incastra il singhiozzante autismo di Yorke, dando vita ad uno dei brani che non esito a definire tra i piu' controversi della loro carriera. Il duo "Morning Mr. Magpie" e "Little By Little" riesuma parte dell'indole di "Hail To The Thief" (la prima e' uno scarto proprio di quelle sessions) e il seducente singolo "Lotus Flower" e' solo in apparenza un gioco elementare, ne comprenderete l'appeal melodico quando vi ritroverete a canticchiarla senza rendervene conto, ve l'assicuro. "Separator" segna la fine (apparente?) di questo ottavo cesello in carriera col cuore colmo di un qualcosa in bilico tra beatitudine e afflizione mentre si immerge in un tenue vento tardopomeridiano.
Nonostante li ritenga letteralmente incapaci di dar vita a qualcosa di Oggettivamente Brutto - credo che preferirebbero chiudere battenti anziche' macchiare una cosi' nobile carriera -, i Radiohead non hanno generato Nuovi Classici. Senza voler scomodare i cavalli di battaglia della prima fase (ovvero quella che si è chiusa con "Ok Computer"), qui non v'e' traccia di composizioni che possano competere con autentici gioielli come "How To Disappear Completely", "Idioteque", "There There", "Pyramid Song", "Nude", "Arpeggi". Ma una cosa e' pero' certa: dopo "Kid A", "The King Of Limbs" e' l'ennesimo punto di rottura. Prendere o lasciare.
[Marco Giarratana]
Canzoni significative: Bloom; Lotus Flower; Give Up The Ghost.
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