Fare il recensore spesso è un compito infausto. Si ha la pretesa di giudicare dei dischi freddamente, in base a tecnica, idee, originalità, dimenticando spesso la componente emotiva. In realtà non si tratta di dimenticanza ma di una negazione necessaria per rendere il giudizio in un qualche modo universale.
Mi ritrovo quindi a parlare di un disco che tocca il massimo dei punti in ogni suo freddo giudizio ma, allo stesso modo, risulta totalizzante nel trasmettere emozioni. Emozioni mai tranquillizzanti, anzi spesso disturbanti nel trascinarti in un vortice onirico senza appigli.
Le lunge suite (ci riferiamo in particolarmodo alla lunghissima Anesthetize) hanno il dono di annullare ogni riferimento temporale, ogni normale concezione di sviluppo di una canzone travolgendo l'ascoltatore in un viaggio con destinazione ignota.
Non siamo di fronte al normale sviluppo di un album progressive, per assurdo, nell'annullare ogni riferimento di canzone in favore di ambiente e atmosfera, siamo più vicini all'idea generica di post-rock. In realtà solo nell' idea dato che se dobbiamo fare un paragone diretto (se dopo tanti anni di carriera è ancora doveroso farli) siamo sempre tra le parti di una versione moderna dei Pink Floyd.
Un disco perfetto da qualunque parte lo si veda ma che per la particolarità di riuscire a trasmettere un mood "dark" bisogna esserne mentalmente preparati. Il rischio sarebbe di trovarsi di fronte ad un disco impalpabile.
[Dale P.]
Canzoni significative: My Ashes, Anesthetize.
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