A pochi mesi dall'uscita di "The Fire in Our Throats Will Beckon the Thaw" i post-core-stoners Pelican rilasciano un EP di due brani per far venire l'acquolina in bocca a tutti i fan.
"March Into The Sea" riassume tutte le caratteristiche della band: potenza psichedelica sostenuta da ottimi riff, intrecciati vorticosamente per creare un crescendo emozionale di grande intensità; momenti più raccolti, quasi acustici, che traghettano l'ascoltatore in paesaggi onirici e "lontani"; esplosioni mortali che tanto devono alla "poetica" degli Isis; finale da sfasamento "corpo/spirito".
Il secondo brano, invece, è un remix ad opera di Broadrick dei Jesu di una delle migliori composizioni contenute in Australasia: "Angel Tears". Il brano viene trasformato in un'apocalisse noise di grande intensità. Va da sè che l'originale è senz'altro meglio ma la rilettura dell'ex Napalm Death è molto affascinante e personale, per quanto un filo massacrante.
Sembra che i Pelican si trovino meglio con i minutaggi limitati (si fa per dire, i due brani durano rispettivamente 20 e 12 minuti!) senza che debbano per forza doversi perdere in lungaggini e ripetizioni per arrivare alla fine (particolari che rendevano l'esordio, a mio gusto, imperfetto). "March Into The Sea" (il brano) effettivamente sembra una versione riveduta e corretta del concept che animava "Australasia". Provare per credere.
Ora non ci resta che attendere il secondo full-lenght.
[Dale P.]
Canzoni significative: March Into The Sea.
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