Il ritorno al rock dei Pearl Jam. Eddie Vedder si fa crescere i capelli e si veste con Doc Martens e camicia di flanella. Stone Gossard ritorna ai riff hard stile Ten e Mother Love Bone.
Tutta scena. Tutta promozione.
Il disco è quanto di più stanco e prevedibile si possa ascoltare al giorno d'oggi. Ok, ci sono i riff ("Severed Hand" sembra un riff monco di Ten), i tempi sono più incazzosi ma non basta. Le canzoni sono composte essenzialmente da bridge. La musica non è altro che un maldestro incrocio fra Dead Kennedys, REM, The Who e hard becero. Non c'è sperimentazione nè idee. In confronto Riot Act è un disco di Frank Zappa.
La band si diverte sì a suonare ma sembrano (sono?) quei quarantenni rimbambiti che fanno ballare trentenni sfigati, in cerca di emozioni non troppo estreme ma comunque "distorte". Quei tipici gruppi rock blues da balera da cui scappare a gambe levate.
Noia e perdita di tempo, sono queste le sensazioni che mi ha trasmesso questo disco. Una delusione cocente.
[Dale P.]
Canzoni significative: Marker In The Sand, Inside Job.
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