Sono passati due anni e mezzo da quando decantammo "Precambrian", terzo full-length del collettivo tedesco guidato dal chitarrista Robin Staps, uno che non si risparma quando gli vien concessa occasione per auto-celebrarsi. Sottoposto all'infallibile prova del tempo, quell'album, ci preme dirlo, va ridimensionato nel giudizio espresso. Disco di gran valore, di certo, ma non quel capolavoro come lo definimmo, indubbiamente infiammati dall'euforia del momento. "Aeolian" del 2005 rimane ad oggi il picco massimo della sempre cangiante formazione berlinese. La quale è chiamata a confermare lo status raggiunto negli ultimi anni e si rilancia nella mischia con l'ennesimo "concept colto", stavolta qui fondato sulla critica ai sistemi religiosi secondo prospettive astronomiche, evoluzioniste ed antropologiche, ma anche filosofiche (si citano nei testi anche Rimbaud e Nietzsche).
Dall'artwork come sempre mozzafiato, "Heliocentric" - che dalle news che abbiamo in possesso, dovrebbe essere il primo di due tomi, di cui il secondo verrà rilasciato nei prossimi mesi -, per quel che riguarda la materia principale, ovvero la musica, risulta un inatteso fallimento. Andato via l'eccelso vocalist Nico Webers, qui a stare dietro il microfono è Loic Rossetti, che apporta uno stile vocale nettamente diverso, impiantato su un approccio melodico che, sulla carta potrebbe indurre ad ipotesi alquanto positive. Ma, toccando il concreto con mano, i risultati sono quelli che sono. Nella maggior parte dei casi Rossetti dimostra limiti creativi palesi: le sue linee sono a tratti banali, a tratti noiose, ad altri tratti tutt'altro che incisive, ad altri tratti ancora tutt'altro che memorabili. Non capiamo come i The Ocean si siano azzardati a comporre una "Ptolemy Was Wrong", una pessima ballad per pianoforte e voce degna di una qualsivoglia pessima band AOR (e tra l'altro di una durata letteralmente insopportabile). Che diavolo succede? Che diavolo accade alla complessità strutturale delle composizioni, ai controtempi che tanto ci piacciono da queste parti, a quei riffoni scomposti alla Meshuggah che magari non sono nulla di originale ma siamo ben felici farci venire distrazioni ai muscoli del collo con un headbanging sincopato? Ok, non si può sempre suonare le stesse cose e rispettiamo quindi la volontà di cambiamento e di tentare nuove strade per ampliare il proprio corredo genetico, ma quando ci si avvicina al "melodico" bisogna star attenti a come lo si fa. "Metaphysics Of The Hangman" e "Swallowed By The Earth" sono canzoncine che tentano di mettere in mostra i bicipiti, ma è solo un tentativo. Sparita la vena "cameristica", onestamente non sappiamo cosa farcene di dei The Ocean che a) non pestano, b) non sono geometrici, c) sono piatti come l'acqua davanti al molo con la bonaccia. Non male "Firmament" e "The First Commandement Of The Luminaries", non malino il duo "The Origin Of Species" (dove tornano i vocioni cattivi che piacciono tanto a noialtri) e "The Origin Of God" e, per inciso, siamo già a traccia numero nove e numero dieci, e la tracklist finisce a traccia numero dieci.
Non ce ne voglia nessuno, non muoviamo alcuna critica alle pieghe stilistiche prese con questo nuovo "Heliocentric", album che inevitabilmente ammorbidisce il sound del gruppo teutonico, ma, almeno ai nostri occhi, questa cosa non appare così criminale. Anzi è giusto e apprezzabile che una baand dimostri il coraggio di osare e uscire dalla formula fin qui consolidata. Quello che proprio non va giù è la mollezza e la scarsa incisività del materiale, che privilegia un approccio melodico che non va a fondo, o per inadeguatezza dello stile del gruppo (ma ne dubitiamo), o per inadeguatezza degli ultimi innesti (propenderemmo per questa ipotesi): nulla si lascia ricordare, nulla attanaglia le viscere.
Male, non per la voglia di cambiare, ma per come questa viene espressa.
[Marco Giarratana]
Canzoni significative: Firmament; The Origin Of Species; The First Commandement Of The Luminaries.
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