Il cavallo buono si vede sul lungo percorso e purtroppo i The Ocean non sono cavalli buoni. Non vorremmo darli per spacciati dopo due lavori che sono sostanzialmente un'opera unica frazionata nel tempo per tentare di impressionare maggiormente i teenagers alla magica scoperta della musica pesante. Non vorremmo decretare l'irrevocabile fine creativa di uno dei progetti a noi parsi piu' interessanti degli ultimi anni senza aspettare almeno il prossimo passo (falso). Pero' qui il piatto piange e onestamente dubitiamo che l'ostinazione del sommo capo Robin Staps lo indurra' a far marcia indietro.
"Anthropocentric" sette mesi dopo "Heliocentric". Chi s'aspettava qualcosa dal tenore diverso dal primo tomo puo' sin d'ora girare i tacchi. Sapevamo a priori che anche questa seconda parte del, si' vabbe', colossale-ennesimo-concept-colto dei The Ocean sarebbe stato un altro naufragio senza la misera possibilita' di un salvagente a portata di mano, anche uno per bambini. E infatti naufragio si rivela. Non peggiore, ne' migliore di "Heliocentric", tale e quale in termini qualitativi.
Attendetevi i soliti tentativi di sferzare qua e la' coi consueti trucchi, magari riciclando qualche giretto, e laddove certe idee potenzialmente buone meriterebbero sviluppo migliore i The Ocean si perdono invece in soluzioni melodiche da effeminati col brevetto (come si fa a sprecare gli interessanti passaggi di "The Grand Inquisitor I: Karamazov Baseness" con quelle cose li' da aspiranti reginette del pop zuccherato-da-tenere-a-debita-distanza-dai-diabetici?). Ci sono inutilissimi momenti di vena neo-melodica in riva al mare o tra gli angioletti di carta pesta della culla che non fanno altro che aggravare la gia' precaria posizione dei nostri ("For He That Wavereth..." e' la banalita' incarnata e "The Almightiness Contradiction" sta per seguirla a ruota), ci sono altrettanto superflui lunghi sbadigli strumentali che stanno al post-rock ben suonato come X-Factor sta al Roadburn ("Wille Zum Untergang").
Di buono c'e' che "She Was The Universe" ha delle buone intuizioni melodiche, che "Sewers Of The Soul" mantiene una certa integrita' metal senza farsi intaccare dalla morbida tempesta di vocalizzi di Loic Rossetti, che la title-track alterna epiche aperture ai tipici mid-tempos del gruppo. Di buono c'e' solo questo tra tante smancerie in un mucchio di soluzioni aliene al mood e alla costituzione della band.
Di questo passo al prossimo colossale-concept-colto dei The Ocean di veramente colossale non rimarra' altro che il nostro disgusto di fronte a tanta saccenteria e presunzione. Oltre all'enorme rammarico di un'altra potenziale grande band persasi per strada.
[Marco Giarratana]
Canzoni significative: She Was THe Universe, Anthropocentric, Sewers Of The Soul.
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