Non tutti lo scorso anno accolsero con entusiasmo il debutto di questa inconsueta formazione. Il sottoscritto lo ascoltò ininterrottamente per più di una settimana. Una settimana sciamanica, drogata di cui ricordo poco o niente...
Questo secondo album degli Om, naturale evoluzione degli acclamati Sleep, non è esattamente una pietra miliare: è semplicemente uno di quei dischi che mirano a porre la parola FINE nel mondo della psichedelia heavy (e nel rock in genere). Il compimento di un percorso iniziato col mastodontico, soporifero 'Dopesmoker', e sintetizzato in parte già con il destabilizzante 'Variations on a theme', privo di chitarre. L'indole geniale del combo è cosa nota: tra gli estimatori, nientedimeno che i Current 93, coi quali hanno recentemente condiviso uno split proprio su invito di Mr.Tibet e compagnia. La strada minimalista intrapresa da questi folli li porta qui a togliere persino la distorsione dal basso, che permetteva loro di non far rimpiangere la potenza chitarristica... d'altronde se sei capace di suonare in questo modo, se hai le idee così chiare, se hai un tocco da violoncellista (delle caverne), non hai bisogno che di due grosse corde e di uno spartano set di tamburi. Due brani di un quarto d'ora, dinamiche paurose, nenie ipnotiche vagamente arabeggianti. Un costante, tortuoso assolo di basso seventies poggiato su un drumming ineccepibile e meravigliosamente fuori moda.
Certo, forse questa musica non potrà piacere a tutti, e il secondo brano non aggiunge nulla di nuovo a 'Variations'; inoltre togliamoci dalla testa che ci sia tra queste note una qualsiasi componente intelletualistica (come ho letto, sorprendentemente, da qualche parte). Ma per chi è sensibile ad una certa ricerca dell'essenziale questa sarà sempre una band da amare incondizionatamente. Lasciatevi avvolgere dal misticismo vulcanico degli Om. Forse nessuno nel dopo-Kyuss aveva mai osato tanto.
[Morgan]
Canzoni significative: At Giza.
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