Esistono decine di band di quegli anni 80 da ricordare (quindi non quelli delle repliche notturne del Festivalbar) che la mia generazione conosce solo di nome, per sentito dire. Band con all'attivo minuscoli 7", cassette scalcinate e vinili tirati in 20 copie. Ma anche band più grosse che hanno segnato profondamente l'underground di quegli anni. Band che magari abbiamo avuto la fortuna di ascoltare nelle cassette ormai logore dei nostri fratelli maggiori ma attualmente introvabili nei negozi.
Go Down Records decide di omaggiare una di quelle band pubblicando un live con incluso un documentario. Questa band sono i Not Moving.
Conoscevo i Not Moving di nome per averne sentito decantare le lodi da buona parte dei giornalisti che mensilmente è bene seguire. Giornalisti che appaiono anche nel documentario. Federico Guglielmi, Luca Frazzi e Claudio Sorge. Quel Claudio Sorge che produsse i loro primi singoli per la sua minuscola etichetta. A scatola chiusa pensi "ecco la grande famiglia riunita a parlar bene di uno di loro". Ma basta la sigla iniziale del documentario per saltare sulla sedia, avvicinare la faccia al monitor e alzare le casse! E questi da dove sono usciti?? Sporchi e devastati, oscuri e chiassosi. Sembra che Lilith e co. abbiano studiato per anni all'università del rock'n'roll per importarla in un paese del terzo mondo popolato da rotonde sul mare e spalline larghe.
L'impatto visivo (e, ovviamente, musicale) è pari ad avere tutti i giorni una band internazionale sui palchi dei paesi di campagna. Uno shock. La musica è ESATTAMENTE quella che si ascoltava negli Stati Uniti in quegli anni nei club più malfamati: Gun Club, X, Cramps, Dead Boys. Rock'n'roll marcio di ispirazione sixties ma aggiornato agli anni dell'eroina. Una meraviglia.
Il documentario si propone di raccontare la storia della band attraverso immagini, filmati d'epoca (compreso un'incredibile apparizione in un programma RAI: due mondi che si incontrano per 3 minuti) e interviste a personaggi più o meno rappresentativi: i giornalisti succitati, un entusiasta Max Pezzali, un emozionato Gianni Maroccolo, un sorprendente Cristiano Godano e tanti altri.
Il live è decisamente meno interessante perchè perde la forza iconografica ma si mantiene comunque su altissimi livelli. Nella scaletta 24 brani tra cui alcune cover (Rolling Stones, Doors, Willie Dixon) e tutti i loro classici come "Baron Samedì", "Psycho Ghoul", "Catman" e tanti altri.
La speranza è che, dopo questo splendido antipasto, si ristampi tutta la discografia della band. E che Go Down continui questa serie di live+documentario. Di band da far riemergere da quegli anni purtroppo (o per fortuna) l'Italia è piena.
[Dale P.]
Canzoni significative: tutte.
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