Se Neil Young avesse fondato la sua carriera su dischi come Prairie Wind non sarebbe certo quello che è. La sua trasversalità lo rende superiore e influente ancora oggi, a distanza di decenni. Non passa giorno che qualcuno non ne decanti le lodi confessando di esserne stato notevolemente influenzato.
Dal pop, al folk, dal punk al grunge, dal country all'indie rock non esiste genere di musica che non veda Neil Young con rispetto.
Merito del suo stare ai margini, nel preferire far parlare la musica più che la sua faccia.
Purtroppo questo disco, al contrario del precedente Greendale così emozionante nella sua fragilità, è un grosso passo falso. Suona come una moneta falsa. Neil vuole riprendere le sonorità di Harvest e Harvest Moon ma esagera nella produzione, nel suo calligrafismo, nel suo cercare di suonare orecchiabile.
Chitarre slide sempre al posto giusto, cori perfettamente armonizzati, chitarre limpidissime. Leggi: estrema noia. Certo, la voce di Neil sa ancora incantare ma qui suona quasi ruffiana.
Questo disco suona esattamente come un disco dei molteplici imitatori. Come un disco dei Creed rispetto a quello dei Pearl Jam, dei Puddle Of Mudd rispetto ai Nirvana. Può piacere, certo, ma non è quello che ci si aspetta da un grande.
[Dale P.]
Canzoni significative: No Wonder.
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