“Colorado” sancisce il ritorno di Neil Young con i compagni di viaggio di una vita, i Crazy Horse, orfani però del pensionato “Poncho” Sampedro; una delle accoppiate più vincenti della storia del rock che mancava dal 2012, quando fu pubblicato “Psychedelic Pill”, l’ultima vera perla discografica del rocker canadese.
Dopo aver fatto da chioccia ai Promise Of The Real e aver pubblicato alcuni lavori solisti, Neil riabbraccia la sua backing band per un disco piuttosto rilassato; mancano le celebri cavalcate del Cavallo Pazzo con Neil impegnato in lunghe divagazioni strumentali e manca il tiro rock di album come “Ragged Glory”. Siamo più vicini alle atmosfere tranquille di “Greendale” e “Zuma” e, pur non raggiungendone i picchi qualitativi, l’album si ascolta piacevolmente.
La prima parte scorre senza guizzi particolari e vale la pena citare solo “She Showed Me Love”, unico brano dal lungo minutaggio in cui i musicisti vanno a briglia sciolta, senza però riuscire a creare quel pathos che ha reso famose le scorribande elettriche dei Crazy Horse.
La parte del disco migliore è la seconda dove Neil regala due ballate al piano decisamente ispirate: “Green Is Blue” e l’inno all’amore universale “Eternity” in cui risplende l’animo da vecchio hippie che torna anche per la corale “Rainbow Of Colors”. Il lavoro si chiude sulla note di “I Do”, classico pezzo acustico, molto intimo, quasi sussurrato.
Tra un’invettiva ambientalista e il ricordo del compianto amico manager Elliot Roberts va in cantiere anche il trentanovesimo album della carriera di Neil Young che tra dischi live e vecchi album di inediti ripescati dai suoi immensi archivi ha già annunciato nuovo materiale per il 2020 che lo vedrà, inoltre, on the road in giro per il Nord America.
[Francesco Traverso]
Canzoni significative: Green Is Blue, Eternity, Rainbow Of Colors.
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