L'Italia ha quel privilegio unico di essere al centro del mondo musicale, il problema è che ce ne accorgiamo assai di rado. Possiamo ascoltare con estrema facilità suoni che provengono dal medio oriente, dal nord Africa, dall'est Europa oltre che dall'usuale influenza americana-britannica dell'industria discografica. Basta alzare le antenne e fermarsi ad ascoltare. I Messa sono tra quelli che si fermano ad ascoltare tutto con orecchie curiose, provando a risuonarlo con le loro mani e facendolo diventare parte della propria musicalità.
Bollati un po' frettolosamente come doom-jazz (cosa che mi fa pensare a tutt'altro tipo di band) i veneti arrivano dopo quattro anni di silenzio con il terzo attesissimo disco e mettono un po' tutti a sedere e scatenando la standing ovation alla fine. Ascoltare "Close" è l'equivalente di fare un viaggio nel mondo e nel tempo, con brani che prendono dal doom giusto la velocità pachidermica, l'oscurità del riffing e il cantato evocativo. Canzoni che in realtà hanno un approccio multi culturale che includono blues, fusion, folk e musica etnica con sapori dei paesi che ci circondano. E' difficile da spiegare un disco così bello, arrangiato con sapienza e suonato divinamente. Ma, badate bene, non è un mero esercizio stilistico: le canzoni qui contenute sono una più bella dell'altra.
"Close" dei Messa ha la dignità di un disco internazionale, consigliabile senza problemi a qualunque tipo di ascoltatore in qualunque parte del mondo. Chapeau.
[Dale P.]
Canzoni significative: 0=2, Dark Horse.
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