Dopo anni e anni di evoluzione, sperimentazione è giunta l'ora per i Meshuggah di lavorare di cesello. Ascoltare Obzen non dona la stessa sensazione di stordimento che davano i primi ascolti di Destroy Erase Improve, Chaosphere o Nothing. Dischi con cui la band segnava lo stacco con il resto del mondo e segnava una nuova strada per l'evoluzione per il metal: dopo le lunge suite "I" e "Catch 33", in cui i cinque di Umea si lanciavano in una loro personale rilettura della forma canzone e del progressive, la band ci propone 9 nuove composizioni ridotte all'osso, formate da strutture più semplici e lineari condite dalle consuete microvariazioni meshugganti.
Ne viene fuori il disco più fruibile e allo stesso tempo quello più rappresentativo della loro particolare proposta sonora. Dal punto di vista evolutivo una delusione, da quello dell'ascoltatore un passo avanti rispetto alla consueta incomunicabilità. In realtà il progetto Obzen, capace di catturare al primo ascolto per via di riff killer e di canzoni carismatiche è riuscito al 100%. Conoscendo la naturale intricatezza delle soluzioni armoniche e ritmiche riuscire a costruire un album di canzoni con i consueti ingredienti è di per se stupefacente. Più di costruire lunghe suite con chitarre a otto corde, assoli fusion e tempi dispari.
Certo, manca l'effetto shock dei Meshuggah ma l'eccitazione è garantita da un songwriting mai così maturo. Forse Obzen non accontenterà tutti, ma quando mai i creatori di Future Breed Machine l'hanno fatto?
[Dale P.]
Canzoni significative: tutte.
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