I Melvins sono l'unico caso al mondo di band baciata dal "successo" grazie agli amici giusti al momento giusto. Chi più di loro è stato toccato dalla lode di un Kurt Cobain che vlle portare tutte le band underground al successo?
Un disco come "Houdini" si venderà nei secoli anche solo per la lurida scritta "produced by kurt cobain".
Dopo il suicidio di Cobain i nostri vissero qualche anno di oblio. Finchè non arrivò Mike Patton è fondò l'Ipecac. E così furono sdoganati da colui che tutto può. Nel 2006 la label ha più prodotti con Buzzo che con Patton.
Ma una band come i Melvins, nel 2006, non ha bisogno nè di presentazioni, nè di recensioni. Ora sono addirittura "hype", per merito dell'ex Faith No More. E pensare che si sono formati quando molti di voi lettori non erano neanche nati.
Lo ripetiamo? I Melvins hanno inventato tutto quello che si ascolta negli ultimi 20 anni.
Sono i Velvet Underground del nostro tempo. Ma decisamente più geniali.
Negli ultimi anni, King Buzzo e Dale Crover hanno deciso di fiancheggiarsi a collaboratori importanti. Con Jello Biafra registrano addirittura due dischi, Adam Jones dei Tool è ormai una presenza fissa e, infine, sdoganano al pubblico "rock" il mostro industriale Lustmord. Senza citare infiniti eroi minori come Jesus Lizard, Brutal Truth, Napalm Death e zozzerie portate dietro negli anni che non interessano a nessuno (peggio per voi).
Per questo nuovo album decidono di collaborare con i Big Business, duo basso e batteria di Seattle (il batterista militava nei mitici Murder City Devils) provenienti dalla scuderia Hydrahead.
Cosa ne viene fuori? Un disco folle, sulla scia degli ultimi Melvins più giocherelloni e regolari, decisi a non scontentare l'esercito di nuovi fan conquistati con il lasciapassare "Patton".
Ecco che il problema di fondo riguarda quindi l'approccio dei vecchi fan. Dimenticate lo sludge, il doom, il noise di dischi sperimentatori e indigesti per il grande pubblico. Dimenticate soprattutto che certi riff sono gli stessi presenti in Stag e che, insomma, mi sarei aspettato un uso più devastante e particolare della doppia batteria.
Stupisce come pur essendo diverso dagli altri dischi risulti però profondamente "Melvins", anche se avrei preferito un approccio più ruvido. Un disco perfetto nella forma ma paragonati ai precedenti un po' carente nella sostanza. Nulla che ci faccia gridare alla "senilità": la band è e sarà sempre avanti migliaia di anni. Ma spero che il prossimo disco sia meno "standard" e che invece di incitare gridolini ormonali per la presenza di Buzz (?) generi il solito vecchio senso di nausea da ubriacatura.
Un disco per molti (per fortuna? purtroppo?) quando in realtà i Melvins sono sempre stati solo per sè stessi.
[Dale P.]
Canzoni significative: A Vast Filthy Prison, The Mechanical Bride, Blood Witch.
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