Ora che le nuove leve hanno trovato il giusto modo di vivere il post punk, scrivendo brani particolari, tecnicamente ineccepibili, prodotti perfettamente con uno stile che non è solo revivialistico manca solo una cosa: una bella voce. Maschile o femminile, non è importante. In dischi di questo tipo si sentono borbottii, bofonchiamenti, un po' di teatralità isterica ma mai una cavolo di linea vocale decente. Particolarità che hanno gli Squid, Black Midi, Black Country New Road (forse gli unici un po' più curati ma anche loro difettosi) e, appunto, i Maruja. Insomma tutto il post punk tecnico è invaghito di queste linee vocali che non sono linee vocali. I Maruja hanno solo questo difetto. Che ad orecchie meno allenate non è neanche così disturbante ma dopo decine di dischi intercambiabili bisognerebbe tentare un affondo.
Detto questo i Maruja sono bravissimi. Già il precedente "Knockarea" mi aveva fatto gridare al miracolo e questo "Connla's Well" non è da meno. Perchè posso dire tranquillamente che il loro post-punk crossoverizzato con il jazz è eccellente e non merita l'ennesima voce "qualunque". L'ascolto dei cinque brani (per ora i mancuniani hanno pubblicato solo EP) è un saliscendi eccitante e sorprendente, ricco di idee mai fini a se stesse e con un songwriting ricco ma non prolisso. Non oso immaginare cosa diventerebbero con una voce adatta. O strumentali.
[Dale P.]
Canzoni significative: The Invisible Man, Zeitgeist.
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