Anche quando si tratta di pubblicare album, la band degli ex At The Drive-In assume la forma di una colata lavica. Pur essendo solo al terzo album, dagli esordi non c'è stato ancora un lasso di tempo in cui non abbiano pubblicato qualcosa. Che sia un singolo, un EP o un live poco importa: sempre di musica inedita si tratta.
Ecco perchè guardavo a quest'ennesimo lavoro con scetticismo. Una normale band non avrebbe il tempo di concentrarsi per scrivere grandi canzoni in così poco tempo. E invece? E invece così è.
Ricordo un'intervista a Omar Rodriguez-Lopez in cui si lamentava dell'operato di Rubin nel primo album, fatto di copia e incolla, tagli a jam infinite, improvvisazioni trasformate in qualcosa di sensato. "Deloused In The Comatorium" è, proprio per questo, un album riuscito dall'inizio alla fine, in cui neppure le lungaggini "prog" rovinano l'ascolto.
La sensibilità del musicista, però, viene prima di tutto. Ecco che "Frances The Mute" non si avvalse più della super produzione e spuntarono brani di venti minuti molto meno interessanti pur contenendo gemme di grande valore.
Con questo "Amputechture" capiamo che i Mars Volta di "Deloused" sono morti definitivamente. O forse non sono mai esistiti, chiusi in un compromesso produttivo a cui non hanno saputo dire di no (per fortuna).
Ecco perchè non troveremo mai più i Mars Volta ipervitaminizzati sognati da Rubin, in quel perfetto mix di prog e psichedelia moderna di brani come "Roulette Dares" e "Cicatriz Esp". I veri Mars Volta sono degli sbrodoloni tossici che suonano anche note sbagliate e di dubbio gusto e che si divertono a citare King Crimson, Yes, Santana, Emerson Lake & Palmer, Pink Floyd senza provare ad attualizzarli. Anzi.
Quindi non più di "prog e psichedelia moderna" si tratta: ma musica di quarant'anni fa ampollosa, antiquata e verbosa. Eppure senza tempo.
Rodriguez-Lopez e Bixler-Zavala hanno trovato la loro dimensione in questo contesto che divide il pubblico dalla fine degli anni 70 in chi giudica il prog noioso e fine a se stesso e chi lo adora. Non sarà "Amputechture" a far cambiare loro idea: brani lunghi, assoli interminabili, divagazioni rumorose d'ambiente ricchi di riverberi e delay, qualche spunto di sax (che valgono il disco), ballate latine e stacchi vorticosi.
Se "Frances" vi deluse questo "Amputechture" non sarà per voi meglio. Gli adoratori di questi suoni, invece, ci andranno a nozze. Resta il punto che avere un minimo di controllo in regia gioverebbe ad una band che spesso si fa prendere la mano.
[Dale P.]
Canzoni significative: Day of the Baphomets, Meccamputechture.
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