I tedeschi Mantar hanno debuttato nel 2014 con "Death By Burning" per la Svart Records. Ottenuta l'approvazione dall'underground il duo ha fatto un salto firmando per la Nuclear Blast e pubblicando l'ottimo "Ode To The Flame" nel 2016. Il successivo "The Modern Art Of Setting Ablaze" (2018), complice una copertina non proprio politically correct, non ha destato molta attenzione ed è stato un discreto flop. Due anni dopo tornano totalmente indipendenti e chiariscono le loro origini con "Grungetown Hooligans II" dove erano impegnati con un repertorio di cover grunge. Quel disco è stato una rinascita per il duo che ha firmato per Metal Blade e ha deciso di rimettere mano al proprio sound. Se prima erano piuttosto oscuri e flirtavano con black metal e sludge ora abbiamo a che fare con un sound più raw-punk non troppo dissimile dai primi Kvelertak. Ritornelli anthemici ma cantati con la cartavetro, riff grezzi ma ariosi, tempi non troppo sostenuti sono la ricetta di "Pain Is Forever And This Is The End".
Devo ammettere che i primi ascolti mi hanno lasciato piuttosto spiazzato. La formula mi piaceva ma non così tanto, con il proseguo degli ascolti mi sono abiutato all'idea dei "nuovi" Mantar e mi sono lasciato conquistare da questa versione "punk grunge unita al metal underground". Non è assolutamente un capolavoro, ma neanche quelli prima lo erano: è un bel disco estivo che sicuramente avrà il suo punto forte nella proposta dal vivo.
[Dale P.]
Canzoni significative: Grim Reaping, Orbital Pus.
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