Nella perenne ricerca di musica strana e strampalata era inevitabile che mi imbattessi nei Mamaleek, band misteriosa attiva dai primi anni 2000 e che ha pubblicato parecchi dischi per la ottima Flenser Records. Inizio quindi precisando che non ho mai sentito i lavori precedenti ma sicuramente andrò a ritroso ad ascoltarli perchè questo "Diner Coffee" è un disco decisamente particolare. Leggendo in giro le recensioni noto che è proprio questa caratteristica ad entusiasmare o ad annoiare quindi questo lavoro potrà farvi schifo, lasciarvi indifferenti o entusiasmarvi. A me ha entusiasmato, vediamo perchè.
I due Mamaleek, ma leggo che ora sono in cinque, suonano un qualcosa che potrei definire "art-sludge", ovvero un modo molto heavy di suonare "art-rock". Ma non si tratta solo di ribassare e appesantire Pere Ubu e Residents ma anche di innestargli tanto, tanto altro. Le parti "pesanti" non sono mai completamente distruttive ma c'è sempre qualcosa che le porta "altrove": sia un accenno di pianoforte, un assolo di chitarra, un fiato. Come se (aiuto!) gli Steely Dan fossero stati chiamati a produrre un disco dei Today Is The Day. I brani prendono strade tutte loro, strade che probabilmente nessuno ha chiesto di fare e che non sempre mostrano un panorama eccezionale, anzi. Ma è proprio questa ambiguità che rende "Diner Coffee" affascinante. Mamaleek non mettono in primo piano la tecnica, nè la pesantezza. A dire il vero non mettono in primo priano proprio niente: sembra tutto sospeso in uno strano concetto di musica in cui l'armonia fa a pugni con il rumore e vanno entrambi KO.
Non credo che Mamaleek vogliano sperimentare o dimostrare chissà che ma semplicemente non si siano dati quegli inutili steccati mentali di genere che abbondano tra i gruppi attuali. Troppo noise, troppo metal, troppo artistoidi, troppo jazz, troppo soft rock, troppo pretenziosi, troppo casinari, troppo astratti, troppo ambigui: decidete voi se è un bene o un male.
[Dale P.]
Canzoni significative: Badtimers, Grief And A Headhunter's Rage.
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