Giunti velocemente al terzo album i Made Out Of Babies non sono più una promessa ma una band da glorificare e basta. Tre dischi imperdibili, rivolti per lo più ad un pubblico di postcorers ma in realtà con poco e niente da spartire con la scena "Neurosis-dipendente". Svincolati da Neurot (a causa della rottura fra Julie e Josh Graham, visual della band di VonTill?) e da Steve Albini che li aiutò a forgiare e a personalizzare un suono debitore di Jesus Lizard e delle band Amphetamine Reptile in genere, i Made Out Of Babies confezionano il loro album più personale e per certi versi più a fuoco. Forse meno malato ma decisamente più gradevole da ascoltare, eccitante nei suoi passaggi più riusciti e con una band più sicura di sè e meno ai servizi della comunque incontenibile cantante Julie.
Certamente la differenza la fanno sempre i vocalizzi deviati di Julie, ma attualmente solo i Made Out Of Babies suonano così. Moderni ma ancorati al meglio degli anni 90, come se fosse possibile un mondo popolato nello stesso tempo da Baroness e da Jesus Lizard ancora incazzati.
Non un'attimo di pausa, non un cedimento ma soprattutto nessun riempitivo.
Chi pensava che i nostri "da soli" avrebbero perso carisma si sbagliava di grosso, e non dovranno stupirsi se entro breve tempo si parlerà di loro come una band enorme. Per ora chi li ha ascoltati non ha potuto fare a meno di amarli, perchè è veramente dura trovare tuttoggi dei difetti in una simile proposta. Ascoltateli, amateli e spargete la voce.
[Dale P.]
Canzoni significative: Invisible Ink, The Major.
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