La svedese Louise Lemon sembra faticare a farsi conoscere. Siamo troppo saturi di cantanti oscure o è la qualità a latitare? Nè l'uno nè l'altro, probabilmente è solo una questione di carisma. Malin Louise Lemón Gadeborg si è autoproclamata Death Gospel Queen ma ha l'aspetto da brava ragazza svedese, con un bel fisico e la faccia rotonda, esattamente al contrario delle spigolose cantanti dark. Non si veste scuro e le sue foto potrebbero essere uscite dalle copertine di rivista di moda patinata. Non ci sono neanche dei tatuaggi in vista. Se ha un manager me lo immagino implorarla di farsi almeno una tinta scura.
Purtroppo queste facezie, in un mondo che corre veloce e la critica non viene elabora dopo lunghi pensieri, finiscono per far passare in secondo piano le qualità di un artista. Facendo l'esempio opposto, muovendosi più o meno nello stesso genere, prendete i Twin Temple che sull'immagine oscura e satanica hanno costruito la loro carriera.
Dopo tutto questo preambolo non ho ancora parlato di musica. Riassumendo molto Louise è l'anello di congiunzione fra Chelsea Wolfe e Lana Del Rey. Tempi blandi (estremizzando un po' potremmo definire doom, non a caso è molto amata dallo staff del Roadburn), vocalità soul, atmosfere oscure e cinematiche. Diremmo di scuola David Lynch, se già non esistessero Chrysta Bell e Julee Cruise.
Rispetto all'esordio "Purge", "A Broken Heart Is An Open Heart" risulta maggiormente prodotto e suonato, con sonorità ricercate e alcune grandi canzoni: si sente il lavoro raffinato dell'esperto produttore Randall Dunn. Datele una possibilità: potreste rimanerne piacevolmente sopresi.
[Dale P.]
Canzoni significative: Montaña, Not Enough.
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