Dopo aver letto il libro "Girl In A Band" ho capito che Kim Gordon non è una persona accomodante. Ma d'altra parte non avrebbe suonato per anni assieme ad una delle formazioni più estreme che la mente umana abbia mai partorito, ovviamente i Sonic Youth. Che magari li associate a dischi come "Dirty" ma forse sarebbe meglio pensare che negli anni 80 crearono delle macchine da incubo chiamate "Confusion Is Sex", "Bad Moon Rising", "Evol", "Sister" fino ad arrivare al monumento di quel decennio chiamato "Daydream Nation". Poi arrivò la Geffen, i Nirvana, l'alternative rock e i nostri decisero di fare come fece David Bowie post Berlino: le rockstar. Come Bowie erano rockstar planetarie ma sui generis, sempre pronti a buttare un po' di inquietudine sugli spettatori, a cercare di puntare i riflettori sulla decadenza più che sui lustrini. Dopo la separazione sentimentale fra Thurston Moore e Kim Gordon arrivò inevitabile anche quella artistica. I quattro ex giovanotti non si sono mai risparmiati nelle avventure soliste (soprattutto Thurston, in ogni senso) sempre giocando fra pop e avanguardia estrema e lo scioglimento dei Sonic Youth ha amplificato questa attitudine.
La discografia della oggi settantenne Kim Gordon è sempre stata la più imprevedibile e sempre all'insegna delle collaborazioni. La si può vedere da un punto di vista maschilista pensando che "da sola Kim Gordon ha bisogno di affiancarsi con qualcuno" o, al contrario conoscendo anche vagamente il carattere della musicista "Kim Gordon ama essere a capo di una squadra". E chi può negare che i Sonic Youth non fossero la band di Kim con musicisti provenienti dall'avanguardia No-New York? Non avete mai pensato a Kim Gordon come team leader? E allora Ciccone Youth (in cui si divertiva a parodiare Madonna), Free Kitten (la perfetta band riot grrrls), Body/Head (primi esperimenti elettronici), i dischi con DJ Olive, Yoko Ono e quelli a suo nome prodotti da Justin Raisen? Probabilmente Kim vi odierebbe. E sareste il bersaglio di un disco che, non a caso, si chiama The Collective.
Vi presento vagamente Justin Raisen. Lo trovate nei crediti di dischi di Charli XCX, Sky Ferreira, Kyle Minogue, Ex Cops (sapete chi sono? Era il progetto indie pop di Myrkur, ai tempi Amalie Bruun, assieme a gente tipo Ariel Pink e Billy Corgan), Santigold, Angel Olsen, Marissa Nadler, Yves Tumor, John Legend, John Cale, Lil Yachty, Yeah Yeah Yeahs. Uno che conosce qualcosina su come gira il mondo e le manopole di un mixer. Che non vuol dire niente, sono d'accordo, ma tant'è nel curriculum non ha un disco brutto.
Kim Gordon manovra Justin per fargli tirare fuori tutto quello che non era in grado di fare Thurston. Che detta così sembra un riferimento sessuale e un pochino immagino lo sia dato che "confusione è sesso". E io immagino la fatica disumana di quest'uomo dietro al banco per creare beat e suoni mentre Kim non vuole un singolo da ballare, nè una canzone da ricordare. Ma neanche puro rumore alla giapponese. E Justin ha creato un'autentica discesa agli inferi, ma per l'ascoltatore. Perchè se l'opener "Bye Bye", che potrebbe (potrebbe, non che lo abbia fatto) essere uscita dalla penna di Trent Reznor fino alla quarta traccia "I'm A Man" si ha quasi l'impressione che il disco tutto sommato sia quello di una vecchia (pardon l'espressione) che fa del rap con testi sardonici, il resto del disco è un autentica tortura sonora. Che per me ovviamente ha una valenza positiva ma vedendo il numero di ascolti streaming non lo è per il resto degli ascoltatori, anche coloro che dicono di amare Kim Gordon. Forse solo nel retro di "Dirty".
La settantenne decide che vuole distruggere il mondo degli uomini mostrando loro ogni nefandezza di cui sono capaci, anche quella di arraparsi ascoltando del puttan pop. Lo distrugge con testi che sono l'opposto dei classici testi da classifica, ma giocando sugli stessi stereotipi, ma al contrario. E' come se Kim avesse usato Justin, generatore di hit "puttan pop", per crearne l'antitesi, il nemico numero uno. E già dalla copertina capiamo che c'è qualcosa che non va: non c'è una sensuale foto della protagonista ma uno sfocato cellulare che riprende un suo concerto. Il contenuto musicale della seconda parte, è come una jam fra The Body, The Bug, Death Grips, Dalek, Billy Woods, Burial, Techno Animal, clipping: techno, dub, drone, noise e riff di chitarra spezzati.
Da "The Collective" il pop da classifica può fare due sole cose: ignorarlo e andare avanti come se nulla fosse oppure capire che in un colpo solo è stato affossato da una persona da cui ti aspetteresti un album chitarra e voce raccontando dei bei tempi quando suonava in una rockband. Hip hop, trap, elettronica una musica per giovani? Da oggi solo se "sonici".
[Dale P.]
Canzoni significative: Tree House, Psychedelic Orgasm.
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