Nei primi anni 90 Steve Albini fece questa dichiarazione in base all'interesse delle major verso l'underground: "Molti gruppi pensano che il contratto con una major significhi più soldi, più mezzi e pertanto più libertà. E' tutto il contrario. Un contratto per una major significa più debiti, più responsabilità e pertanto meno libertà. Gli Helmet dovranno continuare a rifare lo stesso disco all'infinito, finchè non avranno ripagato i costi della casa discografica."
Lucido e profetico l'ex Big Black. Ecco che dieci anni dopo tocca farci del male ad ascoltare Page Hamilton che miseramente cerca di far quadrare i conti. Degli Helmet originali non c'è rimasto più nulla (e noi che ci saremmo accontentati anche solo di John Stanier, ma lui sì che è un musicista serio: finito dapprima nei Tomahawk di Mike Patton e ora nei Battles di Ian Williams dimostra che la sperimentazione non finisce mai).
Dopo il successo mondiale del videogioco GTA San Andreas, in cui i nostri venivano rilanciati grazie al super singolo "Unsung", cosa potevano pensare i nostri? La cosa più facile, ovvero tentare di replicare quel brano per 11 volte. In un caso ("Gone") addirittura senza cambiare praticamente niente.
A parte la scelta criticabile, ma condivisibile (e poi "Unsung" è uno dei brani più belli mai scritti) come è il risultato finale? Senza tanti giri di parole: orribile. La band è spompatissima, la voce fastidiosa, le chitarre che non graffiano e la sezione ritmica svogliata. Che fine ha fatto la band che ha plasmato il numetal, che ha portato l'hardcore in derive post continuando a destrutturare il rumore? Questa sembra una cover di paese.
Tiriamo un sospiro forte, facciamo uscire una lacrimuccia e lecchiamoci la ferita. Poi inseriamo nel lettore "Betty" o "Strap It On" e tutto tornerà al proprio posto.
[Dale P.]
Canzoni significative: Gone, 410.
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