Scrivi Hauntologist, leggi MGLA. Il nuovo side project in questione non è però composto esattamente dal duo post black metal polacco, come accade nei Kriegsmaschine, ma vede coinvolto il solo Darkside (batteria) insieme a The Fall (tutto il resto), quest'ultimo al basso durante i set live del gruppo di Cracovia.
Va subito detto che la presenza di Darkside catalizza l'attenzione, il suo stile è ormai facilmente distinguibile e ha fatto scuola all'interno dell'underground metallaro, ma "Hollow" non è solo l'ennesimo manifesto di un grande batterista, è un bellissimo disco a cavallo tra il post black metal e il post rock.
Le prime tracce faranno sentire a casa gli ascoltatori che hanno consumato "Excercises in Futility"; arpeggi catartici, melodie essenziali e vincenti, lavoro alla batteria ricco di dinamica e groove. Il tutto è prodotto in maniera più asciutta rispetto ai dischi dei MGLA, il suono è meno potente, più puntuale e affilato, comunque perfetto per quello che stiamo ascoltando; tra l'opener "Ozymandian", che ha lanciato il disco come singolo, e la seguente "Golem" c'e' tanta di quella nera bellezza che potremmo fermarci qui e riascoltarle cento volte di seguito. Ogni colpo di Darkside è un sussulto e anche se i brani acchiappano fin dal primo ascolto, non stufano con altrettanta facilità; si affacciano nuovi passaggi, rimasti fin lì nascosti alle nostre orecchie, nuovi dettagli da apprezzare.
L'intermezzo "Waves Of Concrete" serve giusto a traghettarci verso "Deathdreamer", dove alle sonorità classiche si mescolano momenti post rock (il riff a metà strada non mi sarei stupito di trovarlo in un disco di fine anni 90 dei Placebo).
Tra le pieghe dell'opera c'e' ancora il tempo di scoprire l'anima new wave di cui è intrisa la title track che ricorda alcune cose del progetto italiano Poseidon uscito lo scorso anno. "Autotomy" con il suo finale rappresenta l'apice dell'aggressività contenuta in "Hollow" ed è anche il brano che più si avvicina a quanto fatto dalla band madre, mentre in "Gardermoen" ritornano atmosfere gotiche post rock come se gli Interpol fossero stati catapultati da New York ad una sala prove umida e scalcagnata all'interno del malconcio palazzo fotografato sulla copertina del disco.
Il finale è riservato allo stupendo spoken word "Car Kruków", il racconto di una visione, di un sogno; è la chiamata che arriva dall'altra parte, ma non è ancora tempo di andare. Rimaniamo qui con la nostra angoscia e la nostra decadenza.
[Francesco Traverso]
Canzoni significative: tutte.
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