Per me è come una crociata: chi ascolta solo la musica del suo genere non sa cosa si perde. E' un po' il rischio che commette il recensore (massì parliamoci un po' addosso) quando tende a specializzarsi troppo: ogni mattina controlla la mailing list delle sue 10 label preferite, si fa consigliare band del giro, conosce l'underground a menadito finchè lo scibile è suo ed è in grado di capire se un bambino di 5 anni potrà diventare il nuovo Kurt Ballou fin dalle prime urla. O in base ai compiti delle elementari capire se suonerà mathrock o si limiterà a scimmiottare i Deep Purple.
Tutto ciò danneggia l'ascoltatore ma anche la voglia di sorprendersi e divertirsi, finendo che l'amico finto-innocente ti dica: "ma ascolti sempre la stessa musica?". E ha ragione. Cioè, sai che non ha ragione ma in fondo sì, alle sue orecchie è sempre la stessa cosa, cambiata di un semitono o con l'accento spostato di un sedicesimo. Ma è sempre la stessa cosa.
Poi io adoro i dischi che ti arrivano quando non te li aspetti. Magari la confezione tremenda te li teneva lontani, o il nome proprio non ti ispirava, oppure "ne parlavano bene quelli che non capiscono niente". O proprio non sapevi neanche che esistevano.. allora sei in macchina e stanco dei soliti dischi dell'amico, che sono sempre i soliti dischi che aveva anche tuo padre ma ora non li odi neanche più ma, anzi, ti ritrovi stancamente a cantare senza neanche volerlo, metti la radio. E sopresa, c'è ancora qualcuno con del sale in zucca che ti infila qualcosa che non proviene dalle major o dai grandi distributori. Probabilmente dopo la trasmissione sarà stato pestato a sangue. O avrà ricevuto centinaia di telefonate di elogi. Oppure non è successo niente perchè chi come me stava ascoltando rimaneva semplicemente a bocca aperta. E poi a ridere, di quella gioia che ti prende e dici "ecco, questi hanno capito tutto".
Ah, ovviamente non capisci chi sono, lo speaker pronuncia anche bene ma te sei lì che non ti aspettavi finisse e sei ancora in preda all'eccitazione del momento. Bene: deve essere mio.
Fuck Buttons, duo londinese che con tastierini gelidi fanno tutto quello che ti aspetteresti facesse il sottoscritto. O che tutti noi faremmo se avessimo le palle di farlo.
Riff reiterati all'infinito, rara voce filtrata quasi metal, tribalismo esasperante, rumori lancinanti in uno spettacolare senso di postrock mescolato con il noise. Non è shoegaze. Non è drone. Non sono i Sigur Ròs. E neanche i 65DaysOfStatic. E' tutto questo e niente.
Ma è un disco che dice tante cose.
[Dale P.]
Canzoni significative: Sweet Love For Planet Earth, Ribs Out, Race You To My Bedroom.
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