Ha senso parlare dell'ennesimo lavoro di una band che non ha mai fatto dei cambiamenti stilistici una priorità? Contando che stiamo parlando dei Fu Manchu direi di si. Per prima cosa perchè sono tra i pochi rimasti che hanno attraversato indenni 3 decenni di storia musicale e sono una delle poche band in attività con un curriculum hardcore "originale" (ricordate che sul finire degli anni 80 suonavano nei Virulence?). Poi perchè sebbene la formula sia sempre la stessa da "No One Rides For Free" (1994) Scott Hill e soci si impegnano sempre per dare al proprio pubblico un prodotto di qualità. Per i miei gusti la parte di carriera che va da "California Crossing" a "Signs Of Infinite Power" non è da strapparsi i capelli ma so che ci sono estimatori anche di quel periodo. Probabilmente ero troppo distratto da roba più "moderna". Mi sono riallacciato alla loro discografia da "Gigantoid" del 2014, disco che segnava un ritorno dopo 5 anni di silenzio e ho apprezzato parecchio il precedente "Clone Of The Universe". Tutta questa lunga premessa per rispondere "si: vale la pena parlare dei Fu Manchu". Anche perchè "The Return Of Tomorrow" è un gran disco suonato con mestiere dando al fan esattamente tutto quello che vuole: riffoni sabbathiani suonati con piglio punk, assoli psichedelici, rombi di motori e e tanto divertimento senza suonare stupidi. La voce è sempre quella e potreste cantare i brani ancora prima di averli sentiti ma poco importa.
Troppo fan service? Ce ne fossero di fan service così.
[Dale P.]
Canzoni significative: Loch Ness Wrecking Machine, Roads Of The Lowly, Lifetime Waiting.
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