Fra le decine di nomi emersi nella cosidetta scena post-punk attuale i Fontaines D.C. sono coloro che più di tutti sono riusciti a penetrare nei gusti della massa, quella che difficilmente si apre a nuove band del cuore. Grazie ad una formula particolare che mescola brit pop e dark wave, una voce che non nasconde le sue origini irlandesi e un frontman affascinante il seguito dei Fontaines D.C. è cresciuto tanto da superare i diretti rivali Idles. E se proprio gli Idles si sono presentati nel 2024 con un disco più sculettante senza perdere le loro peculiarità i Fontaines D.C. stupiscono tutti con un nuovo look, un nuovo sound e canzoni in grado di entrare nelle playlist radiofoniche mondiali.
L'iniziale e rumorosa title track faceva ben sperare in un album rumoroso e introspettivo: sembra quasi la versione ridotta dei Lankum (2.33). Ma è solo una intro perchè nel disco non troveremo più rumore: solo canzoni. "Starbuster" è ancora un brano alla Fontaines D.C. ma si sente che qualcosa è cambiato. La voce è molto, molto più ruffiana e meno personale. Molto più brit-pop? Secondo me si. "Here's The Thing" sembra un brano minore dei Pixies. Con "Desire" iniziano le ballatone che in quasi tutti i casi suonano come una via di mezzo fra gli Smashing Pumpkins e gli Oasis. Nei migliori dei casi plagiano senza tanta vergogna i Suede, nei peggiori gli U2.
I Fontaines D.C. sanno scrivere canzoni ma hanno commesso l'errore di voler saltare troppo velocemente sul carro dei vincitori perdendo quelle cose che li rendevano speciali. In più troppe ballad da metà disco in poi rendono l'ascolto un po' troppo monocorde. Peccato perchè quando si ricordano che sanno rockeggiare rumorosamente e scazzatamente sono molto bravi. Ma quattro canzoni ben riuscite non fanno un capolavoro. Nè un disco da comprare a scatola chiusa.
[Dale P.]
Canzoni significative: Starbuster, Death Kink.
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