Pur essendo una delle band storiche dello sludge mondiale tuttora in attività gli Eyehategod non hanno una discografia enorme. Questo "A History Of Nomadic Behavior" è, infatti, il loro quinto disco sulla lunga distanza, ovviamente escludendo split, live e raccolte. Ci sono i fondamentali tre dischi degli anni 90 (In The Name Of Suffering, Take As Needed For Pain e Dopesick), il ritorno discografico omonimo del 2014 e questo. Eppure la freschezza, oddio parlare di freschezza riguardo a loro non è forse il termine più corretto, della loro proposta è indubbia. Dal 1990 i nostri hanno mandato a memoria la lezione del "lato B di My War dei Black Flag" e dei primi vagiti dei Melvins e non si sono mai mossi. E meno male! Chi vorrebbe un'evoluzione di una delle band più putrescenti della musica mondiale? Non io.
"A History Of Nomadic Behavior" vede la band sopravvivere a lutti, tragedie, dipendenze e malattie. E ce lo sputano in faccia con riff ribassati, volumi assordanti e lamenti di uno zombie (Mike Williams, incredibilmente ancora vivo e vegeto).
Non c'è moda, hype, volontà di piacere: gli Eyehategod sono la sporcizia sotto il tappeto di uno squat di periferia.
[Dale P.]
Canzoni significative: Apartment Song, Quirk.
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