Intanto, laggiù nell'America dei *-kids e dei *-pots, quella che osserva critica l'andirivieni delle cose (questo è il futuro, tanto vale prenderne atto) capita a qualcuno di imbattersi nel mostro sotterraneo di Ettrick; dice, il piccolo Joshua, all'amico che conosce i gruppi più disparati: "sarà la solita monnezza"
E Kurt, con il muso fetente di quello che la sa lunga: "ma va, a volte le apparenze ingannano."
"Perchè?"
"Questi qui ti prendono per i fondelli. Sono tutto quello che all'apparenza non sembrano. Un po' come dire in giro di essere un ginnasta quando invece te ne stai tutto il giorno sul divano con il telecomando. Free Jazz estremo mascherato da black metal."
"E io dovrei farmi fregare in questo modo?"
"Se hai l'inclinazione al masochismo e ti piacciono le dissociazioni di personalità, si. Robe che consiglierebbe Mick Barr."
Mette su il disco, dubbioso e di sicuro incuriosito. Fa una constatazione poco acuta: "C'è uno che fa tam tam a 240 di metronomo e un'altro che produce fischi con uno strumento a fiato."
"Sassofono."
"Beh, visto che il sassofono con il black metal non c'entra una mazza e che non c'è nemmeno l'ombra di una chitarra, mi domando: a che scopo? Gli Orthrelm, con i loro titoli incomprensibili, sono almeno coerenti."
"Quanto è bello prendere in giro la marea di gente che si fila questo tipo di cose. Succedeva anche con l'arte visiva del secolo scorso."
E il puzzone se ne viene fuori con un discorso dei suoi, con gli Ettrick (che potrebbero essere la reincarnazione musicale di Pollock: chiazze di sax e drums indiavolate con artwork e logo da black metal: solo i Flying Luttenbachers potrebbero fare di meglio.
Nota bene: questa non è una recensione. È la realtà: http://ettrick.org/presskit.html.
[Mirko Quaglio]
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