Rinchiusi in una stanza buia, senza saper in quale recesso di spazio vi trovate, tra pareti grondanti liquidi di estrazione totalmente ignota, forse sangue o chissa' cos'altro; soli, impauriti, sporchi fino a farvi schifo voi stessi, lacrime su lacrime, urla d'aiuto, freddo, nessuno a sentirvi, sdraiati su di un pavimento sordo al vostro destino, al vostro pianto, sporco anch'esso; topi, anche loro sordi, impassibili al vostro tormento! D'un tratto quella porta, sgretolata ormai dal vostro costantemente guardarla, spalanca le sue fauci: un uomo, o donna che sia, non c'e' dato saperlo, vi trascina via, senza dirvi nulla, senza un sospiro che vi indichi quale sia il vostro destino, e voi inermi, senza forze vi fate trascinare senza remore alcuna. Svenite, per risvegliarvi su di un letto, incatenati, imbavagliati; la paura prende piede, mentre scorgete un'ombra muoversi lentamente verso di voi, fin a vedere cio' che tiene in mano: inizia la tortura, senza poter ancor respirare e gridare, le lacrime vi scavano il viso come mai prima d'ora, gli occhi sembrano uscir fuori dalle orbite, il sangue si riversa sul pavimento, e sentite ogni singola goccia e flusso che cade, lentamente ed inesorabilmente! Sperate in cuor vostro di morire, ma la morte, si sa, non e' una grande amica in questi casi! Il dolore diventa padrone di voi, si inebria delle vostre membra, si inonda delle vostre urla strozzate, fin a vedere una certa pace, un qualcosa di non visibili, un altro mondo, un'altra percezione, vi innalza allo stesso livello degli Dei: Martirio lo chiamano (Guardatevi il film di Pascal Laugier, "Martyrs" appunto, e poi mi dite).
Le sensazioni che un'album come questo "Paragon of Dissonance" mi ha trasmesso!
A 3 anni dal precedente e altro capolavoro "The Maniacal Vale" i britannici Esoteric, ritornano con un altro doppio album dove il loro soffocante tocco funeral doom, si mischia ancor piu' che nei precedenti con soluzioni psichedeliche, ambient, noise, post-core, per andare a creare quel senso di sconfitta e catarsi punitiva che un genere come questo dovrebbe sempre trasmettere. Tutto e' nero come la pece qui dentro, dall'iniziale "Abandonment" alla finale "A Torrent of Ills", attraversate da venti cosmici e da urla al limite dell'umano, da rallentamenti sfinenti, da ripartenze belluine, da stasi quasi space-post-rock, con quei crescendo inesorabili e distruttivi (vedasi il crescendo centrale della bellissima "non being": una forza maestosa difficile da trovare altrove, disperata al limite della sopportazione) fruscii, da muri sonori invalicabili, emozioni insormontabili, tangibili, perfette per questi giorni d'autunno, da assoli mai cosi' melodici e stupendi nell'innalzare le strutture a forme d'arte di raffinato interesse. Quasi il cuore cessa di battere in alcuni frangenti, tanto e' il livello emotivo raggiunto, tanta e' la disperazione messa in musica.
Un viaggio nei recessi piu' profondi dell'animo umano, nelle paure piu' oscure e piu' nascoste, nella disperazione di un tempo in cui tutto sembra veramente crollare al suolo senza speranza alcuna; una musica tanto esplicativa, quanto profonda ed annichilente, difficile, non per tutti ovviamente ed inebriante.
Non sbagliano un colpo, e noi qui, ancor di piu', incantati dalla loro ARTE.
[Lucio Leonardi]
Canzoni significative: tutte.
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