Formalmente, siamo al cospetto di uno dei platter più influenti di cui il metal abbia memoria. Insieme a 'Human' e il gigantesco 'The Sound Of Perseverance', questo disco ha segnato intere generazioni di metallari, di quelli che un mio amico chiamerebbe "quelli b-buoni": in una situazione che vede gente giocare a trecentosessanta con architetture pesanti smaliziate, viene effettivamente spontaneo domandarsi come sarebbe stato il mondo della musica pe(n)sante se Schuldiner non fosse nato e morto. È l'album della mutazione completa, dal gore degli inizi all'introspezione più accesa ed illuminante, dalle prime colossali intuizioni (ve lo ricordate 'Leprosy'?) alla compiuta esplorazione di situazioni sonore che hanno saputo resistere all'incedere spietato del tempo: quattordici anni dopo, una 'Trapped In A Corner' o la seminale 'The Philosopher' possono tranquillamente stare a fianco delle più complesse composizioni degli attuali alfieri del metal evoluto, tanto era sottile e perfetta l'alchimia degli spartiti racchiusi là dentro. Il merito, non di meno, va attribuito ai signori dalla mano d'oro che giostrano l'orchestrazione, nessuno escluso ma con una menzione particolare per il grande Hoglan (Dark Angel, Strapping Young Lad), il cui apporto, nel qual caso, è di quelli che ti determinano la sensibilità complessiva di un disco. È un pilastro per un intero genere, da tramandare ed assimilare allo scoccare del trentennale.
[Mirko Quaglio]
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