Al terzo disco i texani Dead To A Dying World si presentano facendo le cose in grande coinvolgendo un nutrito numero di ospiti e confermando la produzione del guru Billy Anderson. "Elegy" segue di quattro anni il precedente Litany, uscito per Alerta Antifascista e di tre il convincente "Live At Roadburn 2016". La prima cosa che si nota è il marchio Profound Lore che, come saprete, sbaglia raramente il colpo.
"Elegy" inizia come un album folk di Michael Gira degli Swans grazie all'acustica e introspettiva "Syzygy" ma la successiva "The Seer's Embrace" non perde tempo e piazza il post-metal apocalittico dei Neurosis in faccia all'ascoltatore. Post-metal che prende pieghe mutanti: un po' black metal, un po' post-rock, un po' folk. In pochi minuti la band ci trascina in un mare oscuro: il brano è un saliscendi emotivo diviso tra parti più riflessive alla Godspeed You! Black Emperor ed esplosioni sludge/hardcore.
"Vernal Equinox" è la prima canzone con ospite Jarboe. Ha un andamento meno heavy, più leggiadro, ma senza rinunciare all'anima profondamente doom. I 10 minuti di "Empty Hands, Hollow Hymns" partono in quarta con una scarica black metal che pian pianino muta in qualcosa di diverso che potremmo banalmente etichettare come post-black metal: arpeggi, archi, momenti rilassati, un senso di continua tensione che sfocia in urla rabbiose.
"Hewn From Failing Water" è l'ultima parentesi "folk" prima dei quindici minuti di "Of Moss And Stone", monolite nero in cui ritorna il contributo di Jarboe.
Oltre a Jarboe gli ospiti del disco sono Dylan Desmond (Bell Witch), Emil Rapstine (The Angelus), Pablo C. Urusson (Sangre de Muerdago) e Tim Duffield (ex-Sans Soleil).
Se dovete scegliere di ascoltare un solo disco post-metal in questo 2019 scegliete "Elegy".
[Dale P.]
Canzoni significative: Of Moss And Stone, Empty Hands Hollow Hymns.
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