Qualche giorno fa stavo andando in sala prove con Shizu. La nostra saletta è in un magazzino vicino al cimitero di Staglieno. E' curioso come si scappi dalla realtà in cui tutti sono chiusi in un ufficio 3x3 chiudendosi in un magazzino 2x4.
Dopo aver parcheggiato il motorino, in lontananza, inizi a sentire le band. Quel giorno svettava una su tutte. Shizu commentò con "fighi questi, sembrano gli Isis". La mia risposta fu: "in verità ricordano i Mogwai". Solita risposta stracciapalle, un po' antipatica. Ma vera.
Da lì uscì una discussione sul fatto che il genere che tanto adoriamo stia andando ad infognarsi in un suono che non ho mai apprezzato in quanto palesemente "cul de sac". Guardate i Mogwai. Sono anni che continuano a suonare la stessa canzone. Creano saliscendi "emotivi" che non portano da nessuna parte.
I Cult Of Luna sono tra le band che, crescendo, stanno eliminando la furia hardcore in favore di progressioni post-rock. La prima parte del disco è quella palesemente più riuscita. Il primo brano (o intro) sembra scappato di forza da Agaetis Byrjun dei Sigur Ròs. Una presentazione un po' estrema, non del tutto rappresentativa del sound che si troverà all'interno del disco. "Finland" rimane il capolavoro dell'album. 10 minuti e 50 che da soli valgono il prezzo del biglietto. Un saliscendi emotivo con incipit disperato cangiante in un atmosfera in cui le note si inseguono liberando suoni di grande gusto e fascino.
Poi il disco perde pian pianino interesse, colpa di una struttura monotona e di picchi ispirativi molto modesti. I Cult Of Luna sono una band di secondo piano rispetto a Neurosis, Isis e Mogwai e qui lo dimostrano chiaramente. Quando usciranno dalla loro scia?
[Dale P.]
Canzoni significative: Finland, Back To Chapel Town.
|