Da quanto non ruggivano cosi'? Con "Perfect Pitch Black" avevano provato a rimettere in mostra i muscoli dopo la scorpacciata melodica di "Antenna", ma era finita a bicipiti raggrinziti come prugne secche. Uno iato di ben sei anni ha giovato alla vena creativa di Brodsky e compagni. Ritrovata la capacita' di afferrare per la gola l'ascoltatore, i Cave In stanno in perfetto equilibrio tra l'aggressione post-core e le distensioni piu' accessibili. Prendete "Sing My Loves", in cui rivoli d'acido scorrono alla maniera dei Neurosis di "Times Of Grace" prima di sfociare in un liberatorio ritornello: e' una canzone grandiosa.
Il batterista John Conners si fa sentire nell'assalto all'arma bianca di "Serpents" e in "Vicious Circles" macina colpi come se scaricasse la foga sulla testa di un malcapitato in una rissa. Nella title-track si scatena il disagio infernale dei Today Is The Day e anche in "Centered", impregnata com'e' di death metal, c'e' lo stesso malessere caro a Steve Austin. Ma in mezzo a tutta questa ferocia sboccia "Heartbreaks, Earthquakes" che aleggia tra i Beatles e i Love in un salto indietro nel tempo quasi inaspettato.
E' forse il disco piu' maturo e consapevole dei Cave In questo "White Silence". Brodsky e Scofield si alternano alle parti vocali nei punti giusti, i riff sono abrasivi, la forma dei brani e' concisa. Ci sono anima e sudore qui dentro ed e' quello che aspettavamo dai tempi di "Jupiter".
[Marco Giarratana]
Canzoni significative: White Silence, Sing My Loves, Centered, Heartbreaks, Earthquakes.
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