Con il suo viso da fidanzata ideale, le sue turbe che la rendono innavicinabile e la sua fragilità espressa in bozzetti sonori ha conquistato il mondo indie. Passati più di dieci anni dagli esordi la bella Chan Marshall prova a dare una brusca sterzata al proprio suono caratteristico. Già in "You Are Free" si respirava aria di cambiamento. La produzione di Adam Kasper e la presenza di ospiti mainstream come Dave Ghrol e Eddie Vedder non intaccarono lo struggente pop-lofi della cantautrice. Molto meno sbilenca ma rimase sempre e comunque Cat Power.
In questo "The Greatest" capita però molto spesso di non riconoscere la "nostra" Chan. Ma andiamo per gradi. Cerchiamo di capire cosa vuol dire "cambiare" per un artista come lei.
La rivoluzione inizia chiudendosi in uno studio di Memphis (i noti Ardent Studios) e circondarsi da valenti musicisti R&B come Mabon Teenie, Lenny Flick Hodges e Steve Potts. Addio imprecisioni, suoni alieni e strutture sbilenche. Il risultato è un disco alla Dusty Springfield. Soul.
Non critichiamo però la volontà di cambiare (o semplicemente omaggiare) ma limitiamoci al risultato finale. Molto deludente in ogni suo punto. Canzoni noiose e "standard". Prevedibile dalla prima all'ultima nota. Non una sorpresa, non un guizzo, nessun momento da antologia. Per di più, in tutta questa mediocrità non si salvano certo le canzoni, piuttosto noiose.
Per i fan più hardcore basterà la voce di Chan per mettere a tacere il sottoscritto ma quando si toglieranno i paraocchi si renderanno conto di aver davanti ad un dischetto piuttosto inutile, benchè ben suonato e prodotto.
Cosa ne penserà la comunità indie? Certamente di avere tra le mani un disco destinato a prendere polvere.
[Dale P.]
Canzoni significative: The Greatest, Could We.
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