Monolitici ma altamente derivativi in "True Nature Unfolds", coraggiosi ma dai risultati altalenanti in "Noir", giunti alla prova del nove i Callisto con "Providence" affondano come un gommone bucato in preda alla furia del mare. Si potrebbe apprezzare la loro voglia di non restare imbottigliati nel traffico congestionato del movimento post-hardcore, ma quanto proposto in questa nuova fatica va ben oltre le peggiori aspettative. Arruolato un nuovo cantante, tale Jani Ala-Hukkala, i finlandesi tentano di dar vita ad un mix indefinito di post-rock e sbiadite eco goth-doom riconducibili ai Katatonia di mezzo, condendo il tutto con una dose eccessiva di noia. Si, la noia impera tra queste dieci composizioni. Alcune, prese in singolo, si fanno apprezzare come "In Sessions" e "New Canaan", quest'ultimo il brano sicuramente migliore. Ma giungere fino in fondo tutto d'un fiato è una fatica al cospetto della quale persino l'invulnerabile Ercole avrebbe vacillato. Tutte le canzoni, oltre a raggiungere durate che in media non vanno al di sotto dei 6 minuti abbondanti, tendono a somigliarsi tutte: vuoi perché la tonalità in cui vengono sviluppate è sempre la stessa, vuoi perché le dinamiche sono rare (e fatte pure maluccio), vuoi perché la band si ostina a mettere assieme i soliti giretti semi-arpeggiati, a seguire perennemente i medesimi cambi armonici, insomma, si ha spesso l'impressione di ascoltare la stessa canzone in loop. Il vocalist è così costretto a creare linee vocali melodiche ma lamentose e praticamente tutte uguali (nello screaming è tutt'altro che convincente), anche se imputare a lui colpe che non gli appartengono è ingiusto, perché le andature che il resto del gruppo gli serve sono tutte rallentate, anche con ostinazione. Per incontrare qualcosa di leggermente differente si deve attendere "Dead Weight" che alza di pochissimo il metronomo (potrebbe far testo l'incazzatura di mezzo in "Stasis"), ma poi torna nel coma vegetativo di sempre. E siamo all'ottavo solco in scaletta. Le esplosioni sono rade e pare che i chitarristi abbiano quasi il timore di spingere su quei dannati distorsori: nessuna scoria metallica, indispensabile se si vuole saturare un tantino un'aria come quella di "Providence", stantia ed immobile. Non creano tensione e quando il brano letteralmente chiama la definitiva apertura in potenza si trattengono, mandando in fumo quel minimo di tensione che sono riusciti giusto poco prima a creare. Hanno le idee molto confuse i Callisto, ed in questo modo non sono nè carne nè pesce. Troppo piatti per fare del post-rock, debolissimi per far musica heavy, innaturali per giungere ad esprimere il disagio tipico di quel rock più umbratile e doomeggiante. Di solito l'essere inclassificabili è un pregio, per i Callisto di "Providence" è un limite spaventoso.
[Marco Giarratana]
Canzoni significative: New Canaan; In Sessions; Stasis.
|