L’inizio dell’ascolto del tredicesimo lavoro dei francesi fa saltare sulla sedia: eravamo rimasti alla claustrofobia industriale di “Deus Salutis Meae” e ci ritroviamo immersi in un’atmosfera eterea e spirituale. Certo, l’incidere dell’opener “Nomos Nebuleam” ha comunque un che di sinistro, ma è un mid tempo con chitarre a disegnare melodie e assoli ai limiti della pulizia per i canoni del genere. Eppure si capisce che è iniziato un viaggio bellissimo. Per dove non si sa perché se i ciceroni sono i Blut Aus Nord può succedere di tutto.
Nel complesso, come si evince facilmente dal titolo, la band decide di concentrarsi su atmosfere psichedeliche, quindi non particolarmente aggressive, a favore di aperture atmosferiche e melodiche dove le voci (il tipico cantato black incontra spesso una voce salmodiante) rimangono sempre abbastanza defilate rispetto alle lunghe parti strumentali. In certi momenti (vedi “Nebeleste”) ci troviamo di fronte ad una sorta di post rock progressivo e psichedelico dove dominano delay e riverberi e con cui i nostri appaiono perfettamente a loro agio.
“Sybelius” sembra la colonna sonora di una messa celebrata da un prete sotto LSD, mentre in “Anthosmos” si torna ad un black metal un po’ più convenzionale per quanto questa definizione stia da sempre stretta alla musica proposta dai Blut Aus Nord, ma è in “Haallucinählia” che il disco trova la summa perfetta tra il mantra psichedelico e la furia tipica del black metal.
Siamo di fronte all’ennesimo disco coraggioso dei Blut Aus Nord che da sempre se ne fregano di tutto e tutti continuando la loro personale strada nel mondo del black metal.
[Francesco Traverso]
Canzoni significative: Nomos Nebuleam, Haallucinählia, Nebeleste.
|