Premessa: i Big Brave incarnano esattamente tutto quello che mi piace nella musica. Anzi si può dire che sono esattamente la somma di tutte le cose che mi piacciono: tempi lenti, chitarre rumorose e ribassate, voce femminile disperata. Riassunti così potrebbero sembrare il classico gruppo doom con voce femminile e invece no. Intanto le chitarre prendono la lezione di King Buzzo periodo Ozma e a cui vengono aggiunti strati di sperimentazione noise e post rock (i concittadini Godspeed You Black Emperor qualcosa hanno insegnato). La voce, che per molti deve tanto a Bjork, riesce a essere dolce e sussurrata quando serve e a sovrastare l'ondata di rumore quando si tratta di farsi sentire. Ecco, si può dire che i Big Brave siano dei maestri nell'uso delle dinamiche, come appunto accadeva un tempo nel post rock le canzoni sono un flusso di saliscendi senza una struttura ben precisa.
C'è da dire che questo è il loro sesto disco che si distingue dai precedenti giusto per il cambio di label (sono passati da Southern Lord a Thrill Jockey, molto più "grossa") e quindi presumo che molti inizieranno ad ascoltarli da questo "Nature Morte". La formula è bene o male la stessa dai tempi di "Feral Verdure": se li adorate andate tranquilli, se non li conoscete scoprirete una band di cui vi innamorerete. Se siete tra quelli che proprio non li ha mai sopportati non cambierete idea. Personalmente avrei gradito un disco più sulla scia della collaborazione con i The Body (Leaving None But Small Birds) ma ovviamente non mi lamento.
[Dale P.]
Canzoni significative: The Fable Of Subjugation, Carvers Farries And Knaves.
|