Che Beck sia un tipo strano non lo scopriamo oggi. Già nell'esordio (l'imprescindibile Mellow Gold, che poi vero e proprio esordio non era) furono tutti colpiti dalle stranezze di questo ragazzo uscito dal nulla. Ben presto diventò simbolo della generazione slackers, ben più di Kurt Cobain. Nel giro di 10 anni Beck è ormai una certezza. Spiace quindi veder passare praticamente sotto silenzio un album di una bellezza sconfinata. Che non sia il Beck che ti aspetti vuol dire che è tutto normale (se fosse prevedibile non sarebbe neanche un genio!), ma "Sea Change" è stato così maltrattato dalla critica che ci viene spontaneo chiedere perchè? "Sea Change" è un album delicato, molto orecchiabile, ben suonato, ben arrangiato e ben prodotto ma non è mainstream: la sofferenza e la tristezza ricoprono ogni millisecondo di questo album. Gli arrangiamenti sono eleganti e sofisticati ma allo stesso tempo semplicissimi, mai ridondanti e ricordano, in certe atmosfere, i Radiohead di "Exit Music". E proprio da lì parte Beck per ricreare altri 12 piccoli capolavori di melodia e atmosfera. Se siete già coi fucili puntati a dire: "Si, ma Beck non è Tom Yorke" vi rispondo che, sì, vabbè, non lo è, ma sicuramente resterete stupiti dalla voce profonda e intensa del nostro genio. Indiscutibilmente un capolavoro, certamente più spiazzante di qualsiasi altra produzione dell'artista.
[Dale P.]
Canzoni significative: Lost Cause, The Golden Age
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