Formati nel 2003 i Baroness di John Baizley, autore dei famigerati artwork in stile Art Noveu, hanno sempre attratto grandi elogi. Autori di due EP crudi ma di grande interesse, ma soprattutto capaci con Red Album di ridisegnare i confini del metal "alla Mastodon". Blue Record ha infine convinto la fan base della bonta' del progetto.
Oggi si presentano con un doppio disco, chiamato Yellow & Green. Ma se pensate che sia l'ennesimo disco colorato siete fuori strada: la band appare irriconoscibile. Dopo due brani heavy rock dati in anteprima al popolo del web come "Take My Bones Away" e "March To The Sea" il disco parte in un viaggio progressive rock che prende ispirazione dalla scuola inglese modellato con armonie vocali di stampo west coast. Siamo negli anni 70. Con tastierini, puzza di incenso, voce ammiccante alla Creedence.
Ogni tanto appare il metal iron maideniano con le consuete armonizzazioni negli assoli, ma non c'e' un riff heavy in tutte le 18 canzoni del disco. Il tono generale dell'album e' come se fosse sotto oppiacei: lento, scostante e con delle intenzioni un po' sfocate e pretenziose.
A ricordarci i vecchi Baroness rimane forse la batteria. Il basso perennemente in overdrive (suonato da Baizley?), le chitarre arpeggiate, la voce radio friendly ma soprattutto un suono che non spacca le casse sono tutti elementi che lasciano sbigottiti ai primi ascolti.
Yellow & Green e' l'Ok Computer dell'underground metal. Nel bene e nel male. Ma che non si stupiscano se ai loro concerti sara' pieno di fan degli Opeth o dei Porcupine Tree piu' che dei Kylesa.
[Dale P.]
Canzoni significative: Cocainium, Board Up The House.
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