Il destino dei Baroness sarà sempre di pubblicare un disco e sentire la maggior parte della gente esclamare "bello ma non è il Red Album". Forse nessuno glielo dice, magari gli danno una pacca sulla spalla esclamando "questo è il vostro migliore album" ma è il pensiero di tutti. E' un destino infame non poter più replicare un lavoro che è stato un punto di riferimento per tanti musicisti e appassionati. Ma come continuiamo a voler bene ai Mastodon pur avendo abbassato parecchio gli standard (per fortuna risollevati con Hushed And Grim) personalmente continuo a voler bene anche ai Baroness. Sapete perchè? Perchè pian pianino si sono levati quella patina di giocattolino di John Baizley (cantante, chitarrista e principale compositore) [ri]diventando un gruppo a tutti gli effetti.
L'inserimento della chitarrista Gina Gleason (non troppo sfruttata nel precedente "Gold & Grey")e la giusta valorizzazione di una sezione ritmica spettacolare (il batterista Sebastian Thomson è pur sempre un ex Trans Am, mica uno a caso) hanno riportato l'assetto in posizione di battaglia. A beneficiarne è senza dubbio l'aspetto acustico. Personalmente non ho mai capito pienamente la produzione sonora degli album precedenti: "Stone" finalmente suona divinamente. Non a caso troviamo Joe Barresi al mix e Bob Ludwig al mastering, mica due scappati di casa. Il suono è limpido, definito e profondo: un vero piacere da godere a qualsiasi volume.
"Stone" è il primo disco a non essere associato ad un colore. Presumo sia una scelta di "rinascita", o almeno così mi piace pensare. Sfighe permettendo spero saranno sempre loro quattro i Baroness. Il songwriting è decisamente ricco. Non fatevi traviare dai primi secondi di "Last Word": quello è un richiamo alle armi. Il resto prende strade inedite, soprattutto nel tentativo di Baizley di cercare nuove strade vocali. Magari non perfettamente riuscite ma apprezzabili nel coraggio. Ovviamente viene sfruttata anche la voce femminile (sebbene vorrei fosse più presente) nei cori. In più un paio di momenti semi acustici gettano il seme su come potrebbero suonare i Baroness fra una decina di anni.
"Stone", pur suonando pienamente e personalmente Baroness mi ha ricordato una strana via di mezzo fra i Soundgarden di Down On The Upside e gli A Perfect Circle di Thirteen Step. Un tentativo di mediare heavy rock, psichedelia, arrangiamenti quasi progressivi, melodie alternative, classic rock e oscurità. Solo il tempo saprà dirci se "Stone" diventerà il nuovo paragone per la band. Sicuramente è un'ottima ripartenza.
[Dale P.]
Canzoni significative: Under The Wheel, Beneath The Rose.
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